Don Franceschini: «La manutenzione delle nostre chiese è una delle finalità per cui vengono spesi i fondi 8x1000 che ogni firma contribuisce a destinare alla Chiesa cattolica. A chi firma non costa nulla, ma ci permette di finanziare ogni anno centinaia di interventi»

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di Stefano PROIETTI

Don Luca Franceschini

Don Luca Franceschini

Dal 1° febbraio 2022 don Luca Franceschini è il nuovo direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei. Sacerdote della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, prende spunto dalla propria esperienza pastorale d’origine per riflettere sull’importanza dei fondi 8×1000 nella manutenzione del patrimonio architettonico religioso e sul perché ogni firma che contribuisce a destinarli alla Chiesa cattolica sia fondamentale: chi firma, in qualche modo, si rende «riparatore di brecce», come dice il profeta Isaia.

«Nelle diocesi come la mia ci sono spesso comunità molto piccole che da sole non avrebbero mai le risorse necessarie per mantenere in buone condizioni le proprie chiese – esordisce don Luca -. Edifici che conservano una fetta importante dell’identità culturale dell’intera comunità, non solo di quella ecclesiale. Mentre le chiese erano inagibili per il terremoto, per esempio, ho visto famiglie voler celebrare i funerali dei propri cari magari in un garage vicino alla chiesa, pur di non spostarsi dal proprio paese d’origine».

Quanti interventi per il restauro di chiese sono stati finanziati in Italia nel 2021 con i fondi dell’8xmille?
Le richieste sono state 449, a fronte di uno stanziamento di 62 milioni di euro. È però importante precisare che il finanziamento non copre mai l’intero intervento di consolidamento e restauro: la comunità locale è chiamata sempre a fare la propria parte, provvedendo al 30% della spesa. Ciò significa che grazie al contributo erogato nel 2021 si sono potuti realizzare lavori per quasi 90 milioni di euro. Con tutte le ricadute positive, tra l’altro, a livello di occupazione delle maestranze locali e per l’indotto turistico dei territori, trattandosi spesso di beni di rilevanza artistica.

Oltre agli edifici di culto, quali altre strutture beneficiano ogni anno di questi interventi?
I fondi sono utilizzati da diocesi e parrocchie anche per le esigenze collaterali al culto, come le canoniche o i locali per il ministero pastorale, che spesso vengono messi a disposizione (in modo speciale durante il Covid) dell’intera comunità civile. Vengono inoltre finanziati i restauri degli organi a canne e la collocazione, a tutela delle opere d’arte, di impianti di allarme e videosorveglianza. Con l’8×1000 contribuiamo anche a sostenere gli istituti culturali delle diocesi (musei, archivi e biblioteche), come pure le associazioni di volontariato che operano per l’apertura delle chiese e la valorizzazione del patrimonio culturale locale. Anche gli ordini e le congregazioni religiose che operano sul territorio possono usufruirne, per archivi e biblioteche di particolare interesse.

La logica del co-finanziamento impedisce che vengano erogati finanziamenti a pioggia e poco controllati. Ma come fate ad essere sicuri di come vengono usati?
L’iter di ogni singolo progetto è sottoposto a scrupolose verifiche a livello locale e regionale, e poi del Servizio nazionale a me affidato. È proprio in quest’ottica che si è deciso di rendere corresponsabile di ogni intervento la comunità locale, che deve reperire il 30% dei fondi necessari raccogliendo offerte e ricercando sponsor. L’attaccamento al patrimonio e la consapevolezza della sua importanza per tutti, fanno il resto.

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