Redazione
Il convento di colle S. Maurizio a Lovere è stato abitato dai Frati Minori Osservanti fino al 1601, poi dai Frati Minori riformati fino alla soppressione napoleonica che ne decretò la chiusura il 4 ottobre 1805; ne seguì la demolizione avvenuta nel 1810. Dell’antico convento rimangono parte delle mura di cinta, un affresco raffigurante l’Annunciazione sul portone di accesso da via S. Maurizio e la cappella di S. Pietro, oggi a destra di chi guarda la chiesa, ma che una volta era compresa nel recinto; conserva pregevoli affreschi da qualcuno attribuiti a Pietro da Cemmo (fine 1400). L’area del distrutto convento venne messa all’asta dal demanio, dopo essere passata da varie mani, finì in possesso della famiglia Bosio che l’acquistò con l’unico interesse di adibirla ancora ad uso sacro e la donò ai Frati cappuccini nel 1875. Questi con l’aiuto di molti benefattori, ricostruirono chiesa e convento e vi presero dimora ufficiale dopo il 10 novembre 1879. Dalla rifondazione il convento fu sempre luogo di formazione per giovani aspiranti all’Ordine e dal 1935 è sede stabile di noviziato.
di Fra Generoso
Tutti i frati che operano in Lombardia o che da qui sono partiti come missionari Cappuccini in Brasile, Etiopia, Camerun, Costa d’Avorio e Thailandia, alcuni dei quali vescovi, hanno trascorso anni di studio e di formazione spirituale in questo luogo carico di storia francescana. Il più famoso tra loro è fra Cecilio Maria Cortinovis da Costa Serina, del quale, insieme con altri quatto frati, è in corso la causa di beatificazione.
Fra Cecilio venne a Lovere il 21 aprile 1908 ed emise la professione temporanea il 2 agosto 1909. Morì a Bergamo il 10 aprile 1984. La sua salma riposa nella chiesa del convento dei Cappuccini in via Piave 2 a Milano, presso quella portineria che fu teatro delle sue eroiche virtù. Dopo i riconoscimenti ufficiali che ebbe dagli uomini, particolarmente dal comune e dalla provincia di Milano, per la carità esercitata in lunghi anni, e soprattutto in quelli drammatici della seconda guerra mondiale, attende ora il riconoscimento della Chiesa, accompagnato dalla devozione di molti che lo conobbero e ne furono beneficati.
I frati che vivono nel convento di Lovere e quelli che vi ritornano, anche se solo di passaggio, non possono ignorare l’ingente numero dei confratelli che in questo luogo e tra queste mura si sono santificati per prepararsi ad offrire la loro vita a Dio sull’esempio di S. Francesco e dei santi Cappuccini che tanto bene operarono per la Chiesa in Italia e nel mondo.
Le innovazioni post-conciliari e i mutamenti che hanno dato un volto nuovo alla vita francescana in questa struttura che non ha potuto sottrarsi agli influssi dei tempi nuovi, hanno modificato notevolmente molte forme esteriori; ma non hanno distrutto quanto lo spirito francescano ha assunto e offerto al mondo attingendo alle fonti cristalline della parola di Dio filtrata attraverso l’esperienza di S. Francesco e dei suoi migliori seguaci.
La forte crisi di vocazioni che affligge la Chiesa in Occidente, è dolorosamente sperimentata anche da noi Frati Cappuccini. Questo convento di noviziato, che era sempre popolato da molti giovani, si trova ora con il loro numero notevolmente ridotto. Eppure l’interesse per S. Francesco e la sua forma di vita evangelica non è diminuito; le folle di pellegrini che ogni anno arrivano ad Assisi, ci vanno per respirare quell’atmosfera francescana che ha attratto in passato anche praticanti di altre religioni e perfino non credenti. Il fascino esercitato da S. Francesco non si è esaurito, anzi sembra in costante aumento.
Nel contesto del convento di Lovere non sono rari i visitatori che vengono desiderosi di conoscerne la storia e si interessano alla nostra vita di frati. Vengono anche giovani, talvolta anche per semplice curiosità; però la visita al convento, la visione del panorama che si gode da questo colle, la semplice e devota chiesetta di chiaro stile cappuccino, tutto desta nei visitatori un senso di pace e di tranquillità che sono diventati beni ormai rari o addirittura introvabili nel vivere affannoso e frenetico di questa società consumistica che si è riempita di cose, ma si è svuotata di valori autentici.