Un documento della Presidenza diocesana per la festa del 25 aprile ricorda tra l’altro l’impegno e il sacrificio di molti soci negli anni della lotta al regime
della
Presidenza diocesana dell’Azione Cattolica Ambrosiana
Ogni popolo fonda la propria identità collettiva in avvenimenti rilevanti e in una storia complessiva che consacra nelle proprie Istituzioni laiche. La nostra pietra fondante è certamente la Costituzione repubblicana, i cui principi maturarono negli anni della Resistenza anche grazie a quei giovani partigiani che capirono che il male agiva indisturbato in Europa e andava fermato. Come ebbe a scrivere il cardinale Carlo Maria Martini nel 1985, la Resistenza fu infatti una rivolta morale: «La loro ribellione è stata la scelta consapevole dell’umano contro il disumano, […] fu anzitutto un’opera di carità».
Non a caso dopo la Seconda guerra mondiale ampio spazio nel dibattito sulla forma istituzionale dell’Italia fu riservato a come porsi di fronte al fascismo sconfitto. Da qui, in Assemblea Costituente, la domanda se l’Italia dovesse essere una Repubblica afascista o antifascista. Alla fine emerse con convinzione la seconda visione. Noto è il discorso in Assemblea Costituente del 13 marzo 1947 di Aldo Moro in cui rispondendo all’on. Lucifero, segretario del Partito Liberale, argomentava la scelta di marcare così nettamente l’orientamento della nuova realtà istituzionale.
Oggi forse ce ne dimentichiamo con troppa facilità. Trascuriamo un elemento fondativo della nostra democrazia e della nostra libertà: la resistenza al nazifascismo fu atto consapevole, sofferto, talvolta attuato (anche dai cattolici) con le armi, talaltra con atti di sostegno alle forze partigiane, mentre in molti altri casi ancora fu azione di resistenza passiva al regime e di aiuto alle vittime delle sue violenze. Ci si rendeva conto – e occorre sia chiaro ancora oggi – che il fascismo (e il suo alleato nazista) era, e rimane una vergogna che ha segnato la storia italiana e dal quale ci hanno liberato con il loro impegno e sacrificio i nostri genitori e i nostri nonni.
Molti resistenti venivano, fra l’altro, dalle fila associative. Le sole Azione Cattolica e Fuci contano 1.481 martiri per la libertà, di cui 112 medaglie d’oro, 384 d’argento e 358 di bronzo. Un tributo di sangue che ci impone di fare memoria, per ricordare chi ha dato la vita per la libertà di questo Paese e dell’Europa.
Come ebbe a dire Giovanni Paolo II, essi «resistettero non per opporre violenza a violenza, odio contro odio, ma per affermare un diritto e una libertà per sé e per gli altri, anche per i figli di chi allora era oppressore. Per questo furono martiri ed eroi. Questa fu la loro resistenza. Ugualmente operarono i popoli che erano stati aggrediti» (Domenica di Pasqua, 7 aprile 1985).
Ecco perché torniamo a parlare di Resistenza e di Liberazione, convinti che il 25 aprile non è solo una festa di commemorazione, ma un richiamo all’impegno civico, al senso della partecipazione attiva alla vita democratica.
La Liberazione richiama alla costante difesa della pace e della democrazia, e occorre vigilare affinché essa non venga annacquata in rivisitazioni storiche maldestre o tentativi strumentali attuati solo per dividere il Paese, come accaduto anche di recente. Il “valore attuale” della Resistenza risiede nel fatto che tutti gli italiani vi si possano riconoscere e, richiamandosi alla Costituzione, possano agire per il bene del Paese.