Don Massimo Epis, preside della Facoltà teologica, illustra i contenuti al centro della prolusione della ministra della Giustizia Marta Cartabia all'avvio dell'anno accademico (29 novembre)

di Annamaria Braccini

Facoltà teologica
Un evento in Facoltà teologica

Sarà un momento intenso per i contenuti che verranno proposti e per il rilievo istituzionale di chi li proporrà, l’inaugurazione dell’Anno accademico 2021-2022 della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, in programma lunedì 29 novembre. A parlarne è il preside della Facoltà don Massimo Epis che, a proposito della prolusione dal titolo «Religioni e diritto in una società aperta», evidenzia il senso della scelta operata «per una ragione di merito e di metodo».

Quale?
Perché il pluralismo è un tratto tipico del nostro tempo, che investe anche il fenomeno religioso. In questo quadro, l’affermazione dell’identità specifica della fede cristiana non può prodursi in una contrapposizione polemica e nemmeno in un ripiegamento autoreferenziale. Il titolo della prolusione suggerisce che il confronto si rende necessario in rapporto all’istanza del diritto, cioè del riconoscimento di ciò che è principio della dignità di ognuno. Le tradizioni religiose sono, per un verso, chiamate a rispettare il diritto e, per un altro, a offrire il loro contributo in ordine alle ragioni ultime che conferiscono senso all’avventura umana e, quindi, alla fondazione del diritto stesso. È significativo che in questo ci guidi Marta Cartabia, ai vertici di un Ministero che enuncia l’obiettivo più alto per una società civile, ovvero la giustizia.

È un evento raro che una voce femminile inauguri l’Anno Accademico di una Facoltà di teologia…
Credo sia la prima volta nelle Facoltà Teologiche italiane. Ne siamo fieri e lo cogliamo come un segno e un auspicio.

Don Massimo Epis

Don Massimo Epis

In questa riflessione che ruolo ha la teologia?
Se la presenza della Chiesa vuol essere operosa, ma non invadente, propositiva, ma non arrogante, deve dedicare passione e risorse per approfondire e comunicare le ragioni di una speranza, che riceviamo per grazia, e che è capace di rigenerare il bene comune, anche di chi non crede. Soltanto il culto della verità – l’espressione è di Paolo VI – distingue l’evangelizzazione da una ambigua strategia di marketing. Certo, la teologia sviluppa una riflessione che appare sempre un po’ in ritardo rispetto al flusso impetuoso delle notizie, ma ciò è legato alla pazienza necessaria per cogliere il significato antropologico delle mutazioni, riscoprendo il fascino sempre nuovo della persona di Gesù.

Non si possono celare le difficoltà di rendere testimonianza al Vangelo in un quadro di indifferenza diffusa…
La constatazione dell’irrilevanza addolora e solleva interrogativi. Come Facoltà teologica abbiamo programmato, per il prossimo mese di febbraio, un convegno dedicato proprio alla metamorfosi che il Cristianesimo sta conoscendo in Europa. La riflessione teologico-pastorale desidera offrire un contributo alla profezia necessaria alla Chiesa per disegnare lo stile e le forme di una testimonianza che sia di lievito per la città degli uomini.

L’insegnamento in Facoltà è ripreso secondo le consuetudini precedenti la pandemia?
La decisione che abbiamo condiviso con le altre Facoltà teologiche italiane è stata di svolgere le lezioni in presenza, privilegiando l’incontro e il confronto di persona, per una didattica che non vuol accontentarsi di trasmettere contenuti, ma intende essere la condivisione di un’esperienza. Adottando tutte le precauzioni sanitarie, la Ftis ha ripreso l’aspetto di una comunità vivace e interattiva. Dal punto di vista numerico, si rileva una sostanziale tenuta degli studenti ordinari, con un progressivo aumento dei sacerdoti provenienti dall’estero.

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