L’Arcivescovo ha presieduto in Duomo le Celebrazione nella notte di Natale. «Cercare le risposte che orientano l’esistenza, ci chiamano a prendere posizione, provocano la nostra libertà»

di Annamaria BRACCINI

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La Messa nella notte del Natale del Signore, con il suo orario – le 20.30 -, le presenze contingentate, il distanziamento, i gesti mancati che parlano del momento che tutti viviamo, tra ansie e speranze. Eppure, la tradizionale statuetta lignea del Bambino portato tra le braccia dall’Arcivescovo – che, in Duomo, presiede la Celebrazione – è comunque il segno vivo di una luce diversa che entra nel mondo con il figlio di Dio fatto uomo.
E, così, la notte di Natale va oltre i sentimentalismi, i ricordi, i doni e le tradizioni, ma diviene il momento, oggi più che mai necessario, per porsi «le domande intelligenti». Quelle che il vescovo Mario – cui sono accanto, in altare maggiore, i Canonici del Capitolo metropolitano, il vescovo ausiliare, monsignor Paolo Martinelli e altri presbiteri – definisce nella sua omelia. «Ci sono domande utili, che cercano soluzioni concrete, utilizzabili e che squalificano le domande intelligenti come divagazioni astratte, argomenti per gente che ha tempo da perdere; domande curiose, che si interessano di risposte che non servono a niente, ma che hanno la possibilità di occupare il tempo con le chiacchiere evitando le domande intelligenti. Ci sono domande aggressive, che non cercano risposte, ma vogliono ferire, insultare, contrastare e non ammettono le domande intelligenti perché non sopportano di rendere ragionevole l’aggressività».
E, poi appunto, ci sono le domande di senso tra cui, in primis, l’interrogativo sul mondo e la sua situazione, al quale le parole del prologo del Vangelo di Giovanni, appena proclamate, offrono la risposta. «Il mondo è il luogo della libertà, le tenebre e la luce non sono due destini. La gloria e la sua luce non sono spettacoli che si impongono, ma possibilità che si offrono, inviti rivolti come vocazioni». Così anche noi, accogliendo la luce, possiamo diventare luce.
E, ancora, la «domanda intelligente che riguarda il tempo», il suo scorrere, il suo senso. Il riferimento è a san Paolo nell’Epistola ai Galati.
«Il tempo è il modo che Dio usa per condividere con gli uomini e le donne il suo desiderio di salvare tutti. Si può dire che c’è un disegno che dà un senso al tempo che giunge alla sua pienezza nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Nel trascorrere del tempo si compie quell’evento che segna un punto di arrivo di una storia di attesa e il punto di partenza di una storia di libertà e di compimento delle promesse. Prima e dopo Cristo si chiamano gli anni nel calendario dei cristiani, per dire che tutto il tempo orienta al suo centro e la durata rende possibile il cammino e il darsi dei giorni offre le occasioni per orientare la vita».
Infine, la domanda sul significato della vita: «Chi sono io? Che cosa valgo? Dove vado a finire?». Dubbi che hanno attraversato l’umanità di ogni tempo, ma ai quali non è difficile dare una risposta se, accogliendo la luce del Signore, ci consideriamo figli di Dio, come si legge nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni. «Sono figlio, quindi posso avere confidenza con Dio come Gesù, avere speranza nella potenza di Dio di salvarmi come ha liberato dalla morte suo Figlio, posso avere la grazia di vivere come Gesù. Forse questa notte di Natale, in questo anno inquietante e tribolato, in questa situazione in cui tante manifestazioni esteriori sono mortificate o abolite, tanti incontri impossibili, potremmo a lasciare spazio alle domande intelligenti e cercare, nelle Letture, quelle risposte che orientano la vita, che ci chiamano a prendere posizione, che provocano la nostra libertà».
Alla fine, un pensiero di gratitudine è per i Seminaristi, di III e V Teologia, che hanno animato la liturgia e per l’intero Presbiterio diocesano che, «in questi mesi, porta la fatica del Ministero per i troppi funerali da celebrare, le mortificazioni a motivo degli impedimenti a fare ciò che il Ministero stesso richiede. Ringrazio i Seminaristi che rappresentano coloro che sono in cammino nel discernimento per la vocazione. Sono ammirato di questi uomini che, con serietà e lucidità, desiderano rispondere la Signore. Credo che, per molti giovani, la loro testimonianza sia di incoraggiamento a interpretare la vita come vocazione. E vorrei incaricare tutti voi che siete venuti in Duomo di portare, a coloro che incontrerete nei giorni a venire, il mio saluto, il mio augurio, la mia benedizione con affetto e le risposte alle domande intelligenti».

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