Per Roberta Zappa, preside di un istituto paritario in città, monsignor Vegezzi è «un uomo umile, che per noi è stato sempre presente, in qualunque momento di bisogno»
di Annamaria
BRACCINI
Sono tre le parole che Roberta Zappa, preside dell’istituto paritario San Carlo e San Michele di Rho, vuole usare per definire l’immagine che conserva di monsignor Giuseppe Vegezzi, prevosto della città dal 2012 al 2018. «Due sono quelle alle quali don Giuseppe stesso ha fatto riferimento quando ha ricevuto la nomina, ossia “responsabilità” e “dono”. La terza, invece, è ciò che, secondo me, lo rappresenta proprio nel significato pieno del termine: l’umiltà».
Perché questa scelta?
Se dovessi riassumere chi è, direi che è l’uomo umile, cioè l’uomo che riconosce i propri limiti e che, senza nessuna forma di orgoglio o di superbia, si mette in gioco. Sono la preside di questa scuola paritaria parrocchiale, primaria e secondaria – che adesso raggiunge i 530-540 alunni – e posso dire, anche a livello personale, che per noi è stato sempre presente, in qualunque momento di bisogno.
Quindi la sua è sempre stata una vicinanza profonda alla comunità, alla gente? Così lo ricordate a Rho?
Certamente. Nel momento in cui sorgeva una difficoltà, don Giuseppe, nell’immediato, “c’era”, si rendeva disponibile: cercava di rassicurarti anche fisicamente, sedendosi di fronte e trovando comunque, in ogni caso, soluzioni positive.
E le altre due parole?
La responsabilità e il dono mi pare che disegnino bene il suo profilo sacerdotale profondo, perché c’è stato un momento in cui don Giuseppe era l’unico riferimento per tutto: ha fatto il coadiutore dell’oratorio, il parroco, il prevosto, il decano. Noi ci domandavamo: «Ma come fa ad avere il tempo di fare ogni cosa?», eppure non si è mai tirato indietro, aiutando sempre gli altri. Per esempio, ricordo che invitava persone in difficoltà, a mangiare una pizza a casa sua, per ascoltarle. E, poi, la parola dono, perché averlo incontrato, per me, è stato un dono vero.