Scaduto l’affitto, entro il 20 gennaio il centro dovrà partecipare al bando comunale per la riassegnazione degli spazi di Cascina Corte San Giacomo, che ha risanato e riqualificato con un lavoro ultratrentennale a servizio del territorio. Gloria Mari: «Vogliamo continuare a essere sentinelle alle porte della città, ma il bando sta assorbendo energie e risorse preziose»

di Laura BELLOMI

Centro_Nocetum
Il complesso di Nocetum

«Ci auguriamo che in futuro altri, che come noi hanno riqualificato beni abbandonati, non debbano partecipare a bandi per continuare a essere al servizio della collettività». Sono giorni intensi a Nocetum, il centro di via San Dionigi da più di trent’anni in ascolto dei bisogni del territorio. Gloria Mari e collaboratori lavorano a testa bassa per partecipare entro il 20 gennaio all’avviso pubblico con cui il Comune di Milano assegnerà per i prossimi trent’anni gli spazi di Cascina Corte San Giacomo, proprio quelli che Mari, suor Ancilla Beretta e, negli anni, Lucrezia Russo, innumerevoli volontari e collaboratori della Cooperativa sociale Nocetum, hanno risanato e rilanciato in chiave sociale investendo più di 2 milioni gli euro. Ora il contratto d’affitto è scaduto (nel frattempo il canone è sempre stato regolarmente pagato) e il Comune, pur mantenendo un diritto di prelazione per il Centro, ha indetto la gara.

«Frequentiamo la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo dal 1988 e in questi spazi viviamo stabilmente, con contratto d’affitto appunto, dal 2000. Vogliamo continuare a essere sentinelle alle porte della città, come chiestoci dal cardinal Martini, ma il bando sta assorbendo energie e risorse economiche che avremmo potuto utilizzare per il territorio», osserva Mari, consacrata dell’Ordo Virginum.

Al limitare fra il Corvetto e la campagna di Chiaravalle, Nocetum da sempre lavora in rete con tante realtà cittadine, dalle università ai centri di ricerca, promuovendo relazioni inclusive e rigenerazione territoriale. Attualmente il Centro è composto dalla Cooperativa sociale – che accoglie mamme e minori in convenzione con il Comune -, dall’Associazione Nocetum (20 soci e 50 volontari all’opera per valorizzare il patrimonio ambientale, storico e culturale, sostenendo anche le famiglie del quartiere) e dalla Comunità Nocetum, riconosciuta nel 2012 associazione privata di fedeli dal cardinale Scola. «Ora et labora sono le linee guida del nostro operare – spiega ancora Mari -. Desideriamo innovare sempre più la nostra offerta per dare risposte concrete ai bisogni delle persone e del territorio».

Capaci di fare del sogno una realtà – o meglio, di dar vita alla profezia -, le consacrate hanno trasformato un luogo abbandonato in un centro che oggi, oltre all’accoglienza, promuove integrazione, spiritualità e reinserimento lavorativo: a Nocetum, infatti, sono attivi anche un laboratorio di trasformazione di prodotti ortofrutticoli, una cucina professionale, una city farm e la bottega, che vende i prodotti degli 11 mila metri quadrati di orto e frutteto. Negli ultimi vent’anni il centro ha ospitato e guidato verso l’autonomia più di 2 mila persone, in particolare mamme e minori di tutto il mondo, e ha accompagnato centinaia di famiglie nella ricerca di un lavoro e di una casa, inserendo più di 200 bambini a scuola e sostenendone altrettanti con il doposcuola. Grazie ai volontari e ai collaboratori della Cooperativa, lo scorso anno la distribuzione di viveri e medicinali non si è fermata nemmeno durante i mesi più duri della pandemia.

Inoltre, Nocetum è stato fondatore della Valle dei monaci, la rete che tanto ha contribuito a riqualificare il Corvetto e l’adiacente Parco della Vettabbia, portando avanti iniziative legate alla custodia del creato e di coesione sociale: non a caso, un anno fa è stato riconosciuto Comunità Laudato si’.

Infine, ma la lista sarebbe ancora lunga, negli anni sono stati accolti più di 30 mila tra studenti e visitatori per incontri e uscite didattiche. E persino l’Onu ha riconosciuto Nocetum «modello per la costruzione della città interetnica e multiculturale del futuro». La città del futuro, appunto. Quella stessa in cui Mari, le consorelle, gli operatori e i volontari tutti vogliono continuare a spendersi, bando permettendo.

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