In questi cinque mesi di guerra in diocesi si è sviluppato un forte supporto a coloro che subiscono le conseguenze dell’aggressione russa. Uno sforzo di aiuti e sostegno che è anche un’importante sfida educativa
di Paolo
Brivio
Cinque mesi. Di guerra. In fondo ai quali non si vede la luce di una pace credibile. Ma cinque mesi durante i quali si è sviluppato un forte flusso di cure e di supporto a coloro che subiscono le conseguenze dell’aggressione scatenata in Ucraina dal governo e dall’esercito russi.
La rete Caritas ha dato il suo consistente contributo, a irrobustire e a umanizzare questa corrente di aiuti. Le Caritas nazionali e diocesane hanno steso la loro rete di solidarietà in tutti i territori. A Milano Caritas ambrosiana ha interamente mobilitato il suo sistema – fatto di organismi parrocchiali e decanali, centri d’ascolto, servizi, cooperative sociali e fondazioni – per offrire risposte rapide e durevoli, credibili e rispettose dei traumi subiti e della dignità comunque manifestata dalle vittime del conflitto.
A Milano
In primo luogo, Caritas ha definito con la Prefettura di Milano un accordo per l’accoglienza di circa 200 persone nel capoluogo e nell’area metropolitana: ne è titolare la cooperativa Farsi Prossimo, che a Casa Monluè, periferia est della città, ospita 98 persone (diverse soggette a cure nel vicino Istituto dei tumori) e ne segue circa 100 altre, in 20 appartamenti resi disponibili da parrocchie e istituti religiosi. A complemento delle coperture finanziarie previste dallo Stato, Caritas ha erogato 290 mila euro per consentire, sino a fine 2022, i costi di questa assistenza. Anche a Monza una cooperativa del sistema Caritas, la Novo Millennio, ha stretto analogo accordo con la locale Prefettura, per l’accoglienza di 16 persone in 2 parrocchie.
In Diocesi
A questi circa 220 posti se ne aggiungono altrettanti (223) che attendono di essere attivati sulla base del bando che la Protezione civile nazionale ha emesso nella scorsa primavera. Caritas ambrosiana ha presentato la disponibilità di diverse parrocchie in 21 Comuni della Diocesi. In alcuni casi le accoglienze sono cominciate spontaneamente, ma in generale si attendono gli arrivi, su disposizione della Protezione civile, di profughi precedentemente ospitati in strutture collettive o famiglie che non riescono più a garantire l’accoglienza.
C’è poi il vasto capitolo del supporto alle iniziative avviate spontaneamente da decine di parrocchie. Il sostegno è stato erogato a 60 comunità che ospitano 344 persone e ne seguono altre 1.150 che vivono con parenti e conoscenti: sono stati stanziati 320 mila euro, a cui vanno aggiunti 30 mila euro in ticket restaurant.
Empori, Botteghe e altri progetti
Caritas ha poi distribuito materiali per un valore di circa 55 mila euro (prodotti alimentari, ma anche per l’allestimento di appartamenti) a diversi luoghi di accoglienza gestiti da parrocchie e cooperative. Anche Empori e Botteghe hanno fatto la loro parte: 22 centri avevano aiutato, a fine giugno, 554 persone, appartenenti a 182 nuclei familiari di profughi.
Infine, oltre all’orientamento legale fornito sin dall’inizio dallo sportello Sai, va registrato che, grazie a donatori privati, sono partiti progetti specifici per l’acquisto di mezzi di trasporto, l’insegnamento dell’italiano al Centro Come, la realizzazione di visite mediche specialistiche al Poliambulatorio Farsi Prossimo di viale Jenner, l’animazione con visite a musei e centri di cultura milanesi. E il Fondo «Diamo lavoro» ha disposto l’erogazione di contributi economici a famiglie impegnate nell’accoglienza, oltre ad aver reso disponibili le competenze di esperti per la profilazione e la compilazione di curriculum di aspiranti lavoratori ucraini.
Riflessione ed educazione
Questo articolato sforzo di accoglienza, e l’incontro con le vittime del conflitto, alimentano in Caritas la riflessione e l’impegno per promuovere una pace duratura. L’organismo pastorale, e le realtà che si sono mobilitate nell’emergenza, sono infatti chiamati anche a riflettere sui risultati che l’accoglienza sta producendo, al fine di ricostruire i legami sociali nelle comunità e condizioni di pace nei nostri territori, oltre che in quelli provati dalla guerra. È un’importante sfida educativa, che Caritas riproporne a tutti i donatori e le persone impegnate nell’emergenza: perché la pace, realista e duratura, sia un bene di tutti.