Domenica 23 giugno il Cardinale ha celebrato una Santa Messa nella chiesa di Santa Maria Assunta che proprio quest’anno compie 100 anni. Ad ascoltarlo, tutta la comunità pastorale S. Paolo Apostolo. Al termine, l’Arcivescovo ha incontrato i sacerdoti del decanato di Bollate
di Stefania CULURGIONI
Emozionati, contenti, attenti. Hanno accolto così il cardinale Angelo Scola i fedeli della Comunità Pastorale “S. Paolo Apostolo” che domenica mattina 23 giugno si sono ritrovati nella chiesa dedicata a Santa Maria Assunta di Senago per celebrare con lui e con i sacerdoti del decanato di Bollate la Santa Messa.
Tanti bambini, uno splendido coro polistrumentale, famiglie, adulti, anziani, persone malate, e tra loro lui, l’Arcivescovo Scola, con un sorriso per accoglierli e una parola per guidarli: “E’ impossibile per me, quando vi incontro, voi che siete pietre vive della Chiesa, non comunicarvi la mia gioia per essere qui insieme a celebrare nell’Eucarestia il santo dono della vita – ha detto – non c’è gesto più profondo e intenso che leghi i cristiani tra loro e in particolare l’Arcivescovo con i fedeli che questo supremo gesto d’amore”.
Ma l’occasione era ancor più speciale per una ricorrenza importante per tutti i senaghesi: quest’anno cade il centenario della costruzione della loro chiesa, S. Maria Assunta appunto, che fu ampliata dall’allora parroco don Ambrogio Rocca proprio perché la città cresceva. “Vedo l’accuratezza del progetto – ha continuato il cardinale Angelo Scola – le belle linee architettoniche, la luce ben diffusa, la bellezza delle vetrate. Questo tempio è uno spazio sacro ideale per raccogliere tutto il popolo di questa città che supera i 20mila abitanti, nella quale vi impegnate ogni giorno per costruire quella comunità pastorale che cerca di essere aperta a tutti i fratelli e le sorelle, molti dei quali hanno dimenticato il loro battesimo”.
Intorno all’Arcivescovo Angelo Scola c’erano tutti i sacerdoti del decanato di Bollate (l’incontro più riservato tra di loro e Scola è avvenuto subito dopo la Santa Messa), e insieme a loro e ai fedeli si sono letti i passaggi delle Sacre Scritture che si sono concentrati sulla figura di Abramo. Una figura chiave che ci insegna quanto la preghiera abbia bisogno di un rapporto personale con Dio. Di un rapporto personale che può nascere solo dall’incontro.
“A volte tanti fedeli mi dicono che non sanno come pregare, che fanno fatica – ha spiegato il Cardinale – ma io dico due cose. La prima, è che l’unica preghiera mal fatta è quella non fatta. Insomma, la preghiera può avere tante forme, ognuno prega come sa. Ma certamente l’incontro con Gesù deve diventare un fatto personale, una relazione con un Tu. Se manca quel rapporto è difficile pregare. Dobbiamo incontrare il Signore, dialogarci insieme”.
L’Arcivescovo ha infatti ripreso la lettura del Vangelo secondo Luca, nel quale un tale, che potrebbe rappresentare ognuno di noi, chiese al Signore Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” E lui rispose: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”.
“Che cosa significa questo? – ha detto il Cardinale – in greco il verbo sforzarsi si usa per descrivere la preparazione degli atleti per la gara. Infatti si arriva a certi livelli solo facendo fatica, quando si assume un impegno serio. Ecco allora qual è l’invito del Vangelo: se vuoi godere del Paradiso, della vita eterna dove un giorno incontreremo i nostri cari, devi coinvolgerti nel quotidiano, rendere operativa questa fede, operare una scelta per poter entrare in quella piccola porta. Ecco il motivo per cui Gesù pronuncia il verbo sforzarsi. Non basta un cristianesimo da sentito dire, qualche vago riferimento che una volta al mese, quando siamo più affaticati, rivolgiamo a Dio. Non basta qualche vago rapporto con la comunità cristiana. Bisogna che la nostra libertà si confronti ogni giorno con la fede, con la preghiera, nel lavoro, nella famiglia, nella condivisione dei bisogni di tutti, nell’educazione dei nostri figli, nel rapporto con i giovani, nell’apertura verso tutti coloro che arrivano dalle altre parti del mondo. Bisogna portare Gesù nella vita, perché Gesù è il Vangelo dell’umano”.