L’Arcivescovo in Duomo ha incontrato i Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica. «So di poter sempre contare su di voi»

di Annamaria BRACCINI

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Loro che, per la prima volta, dopo l’inizio della pandemia – mantenendo comunque rigorosamente le regole di sicurezza e distanziamento -, riempiono il Duomo; che vengono salutati con affetto dall’Arcivescovo che li definisce «i migliori su cui so di poter contare». Loro, i Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica che si riuniscono in Cattedrale – ma molti sono collegati anche in Tv e in streaming -, provenendo da tutta la Diocesi, nel periodo in cui è in corso il censimento che li riguarda. Più di 9000 i laici che, dall’Avvento 1981, aiutano i sacerdoti in questo Ministero, pensato soprattutto per portare l’Eucaristia a malati e a anziani che non possono recarsi in chiesa, ma ampliatosi anche alla distribuzione della Comunione durante la liturgia.

Con il titolo “Lo riconobbero allo spezzare del pane”, l’incontro, in cui viene celebrata l’Ora Nona, è così un’occasione per «dire grazie al Signore e alla Chiesa che ci ha affidato questo Ministero particolare e per ripartire con rinnovato entusiasmo e passione», come sottolinea, nel suo saluto iniziale, monsignor Fausto Gilardi, responsabile del Servizio per la Pastorale Liturgica, cui sono accanto il vicario episcopale di Settore, don Mario Antonelli e don Riccardo Miolo, collaboratore del Servizio, che guida l’animazione musicale.

L’omelia dell’Arcivescovo

Dalla pagina del Vangelo di Luca, con l’incontro e il dialogo tra il Signore e i discepoli di Emmaus, prende avvio la riflessione dell’Arcivescovo. Discepoli dapprima tristi, ma ai quali, allo spezzare del pane, si aprono gli occhi, perché riconoscono da quel gesto «la rivelazione del senso della morte di Gesù che è principio di vita».

Insomma, quel riconoscimento che si fa rivelazione per i discepoli che ne portano l’annuncio con gioia nel mondo, così come – suggerisce il vescovo Mario – devono fare i Ministri della Comunione Eucaristica.

«La storia non si deve guardare dal punto di vista di un realismo mondano che induce a rassegnarsi alla morte, ma dal punto di vista della Pasqua. È questo che voi dite ai malati che fanno festa quando vi vedono, non solo perché ricevono una visita che interrompe la solitudine, ma perché sono aperti loro gli occhi. Facendovi strumento di questa sollecitudine e celebrando l’Eucaristia, siete chiamati ad aprire gli occhi e a sentire una gioia profonda».

Chiaro il riferimento e la responsabilità in un tempo, come il nostro, «che sembra segnato dalla persuasione che lo scetticismo sia la forma più intelligente del realismo»

«Anche il rimprovero, l’annuncio della Parola, la spiegazione delle Scritture non bastano, infatti, a convincere che lo scetticismo non è realismo, ma è ottusità», appunto perché «la realtà è la risurrezione».

Da qui, il compito. «Vi affido di essere testimoni della risurrezione e di guardare la vostra vita personale – che ha, magari, ferite e momenti difficili -, partendo dalla risurrezione. Anche i parenti dei malati possono essere aiutati ad aprire gli occhi vedendo un testimone che irradia gioia. Che possiate essere lieti di una letizia invincibile».

Poi, una terza consegna. «Vorrei esortarvi a essere amici che si incoraggiano a vicenda per portare il lieto annuncio. L’amicizia può diventare una condivisione della fede che rende appassionata la testimonianza e permette di rileggere l’itinerario percorso condividendo l’esperienza. L’ardore diventa più appassionato, se lo condividono gli amici; la partenza senza indugio è più convincente se si parte insieme; la testimonianza più credibile se non è individuale. L’amicizia, la fraternità, i legami di affetto che si stabiliscono tra le persone unite nella fede e nella devozione eucaristica sono un dono grande».

«Dunque 3 parole: che i vostri occhi si aprano per guardare la vita dal punto di vista della risurrezione, che reagiate alla tristezza, quando si è scettici e depressi, e che, come i discepoli che Gesù manda due a due, possiate trovare nell’amicizia delle nostre case, parrocchie, movimenti, un aiuto per partire senza indugio».

Infine, dopo la preghiera, l’Adorazione eucaristica e la benedizione, ancora un pensiero, salutato, al termine da un applauso corale: «Avete riempito il Duomo in ogni posto disponibile. Avete un mandato: vi ho benedetto volentieri desiderando benedire tutte le vostre famiglie, comunità, persone che vi sono care e coloro a cui porterete l’Eucaristia. Voglio raccomandarvi di vivere bene la Pentecoste che è il compimento della Pasqua. Per vedere la storia dal punto di vista della Pasqua è necessario ricevere lo Spirito santo: scenda su di voi come un fuoco che fa ardere, come una rugiada del mattino che fa riposare, come un vento amico che spinge a largo».

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