Con un week-end residenziale alla Casa della Carità parte il nuovo modello formativo che fa seguito all’esperienza di «Date a Cesare». Lo scopo è dare strumenti per leggere oggi la città e discernere il nostro tempo
di Walter MAGNONI
Responsabile della Pastorale sociale e del lavoro
In Italia esistono svariate scuole di formazione socio-politica per i giovani. Per metodo e contenuti sono tra loro molto diverse: alcune puntano su contenuti narrati da docenti affermati o testimoni significativi; altre cercano di coinvolgere a una partecipazione attiva; altre ancora provano a dare strumenti per una buona amministrazione.
Nell’Arcidiocesi di Milano abbiamo sperimentato la cosiddetta scuola «Date a Cesare», iniziata nel 2008, che ha formato molti giovani: alcuni di loro coprono oggi ruoli di pubblici amministratori. È stato un percorso ricco d’iniziative, che s’è avvalso del lavoro prezioso di volontari appassionati e competenti che hanno aiutato a pensare i passi da compiere. Credo che uno dei ricordi più belli di quella esperienza sia stato vedere persone tra loro molto diverse lavorare insieme per il bene comune.
Nell’ultimo anno, anche grazie a una riflessione condotta con l’ausilio della Fondazione Lazzati, abbiamo capito che era giunto il momento di pensare un nuovo tipo di formazione, per rispondere in maniera più adeguata agli interrogativi di questo tempo. Con padre Giacomo Costa e Silvia Landra abbiamo quindi iniziato a ragionare per mesi su come far vivere un’esperienza “politica” a un gruppo di giovani. Obiettivo primario che ci siamo posti è quello di favorire l’esperienza d’incontro con una realtà del territorio in grado d’istruire alcune domande di fondo concernenti il nostro tempo. Solo in un secondo momento ci sarà spazio per un’elaborazione teorica del vissuto, facendo intrecciare tra loro fede e vita.
La Casa della Carità – istituzione voluta dal cardinale Carlo Maria Martini per accogliere i più poveri – è stata individuata come il luogo ideale dove attuare questo tipo di percorso. Questo ambiente permette infatti di realizzare una residenzialità sobria e a contatto con la vita di persone che provano a ripartire dopo momenti di fatica. Punto prospettico col quale iniziare il percorso di formazione sarà una problematica sociale che ha ricadute sulla politica: la salute mentale dentro il contesto della «cultura dello scarto» e della «globalizzazione dell’indifferenza».
I tempi ipotizzati sono di circa tre mesi e avranno due tappe residenziali – dal venerdì alla domenica: il primo è in programma dal 30 settembre al 2 ottobre (vedi allegato) – rivolte a un numero massimo di trenta giovani. Lo scopo è quello di dare strumenti per leggere oggi la città e saper discernere il nostro tempo. La domanda che guida il percorso è: come abitare davvero da cristiani la città?
Tra le due tappe è prevista una giornata dove ripensare al lavoro svolto e organizzare il secondo step. Nel frattempo i partecipanti saranno chiamati a leggere testi e a confrontarsi in piccoli gruppi per adempiere un mandato che verrà consegnato alla fine della prima tappa.
Per una buona riuscita è richiesta la presenza costante di una équipe formativa che accompagni i processi, oltre che di testimoni qualificati capaci di stimolare azioni. Alla fine del percorso sarà fondamentale predisporre un momento di verifica nel quale ascoltare cosa è accaduto ai partecipanti e ipotizzare come proseguire il processo di vita di ciascuno.
I riferimenti bibliografici indispensabili di questa esperienza saranno l’enciclica Laudato si’ e l’esortazione apostolica Evangelii gaudium.
Nel percorso si alterneranno momenti di ascolto della realtà, di silenzio, di confronto a gruppi e condivisione tra tutti. Un elemento importante sarà il discernimento, e per questo ci si avvarrà di qualche elemento della sapienza ignaziana. La preghiera infatti non è orpello, ma parte integrante del cammino. Formare la coscienza vale più di tanti strumenti tecnici.