Don Andrea Meregalli, responsabile della Cp Trasfigurazione del Signore di Milano, le giudica frutto di una scelta feconda, quella della missionarietà, e confessa: «Mi piace la fraternità che nelle Comunità si crea tra i preti»

di Annamaria Braccini

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Responsabile della Comunità pastorale Trasfigurazione del Signore di Milano, don Andrea Meregalli ritiene le Comunità pastorali «una scelta promettente e feconda», tanto da chiedere di essere inviato appunto in una di esse, quando lasciò l’incarico di assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica ambrosiana. Quattro le parrocchie comprese nella realtà affidatagli nel 2018: Maria Regina Pacis, Santi Martiri Anauniesi, San Leonardo da Porto Maurizio e San Giovanni Battista in Trenno, nel cuore di un quartiere storico come il Gallaratese.

Qual è la sua esperienza?
Sono arrivato qui come secondo responsabile della Comunità pastorale, esistente già da 9 anni. Ho trovato quindi un cammino di coesione tra le parrocchie già avviato. Certamente la pandemia ha rallentato questo percorso, che però continua a essere assai promettente.

Quanti sacerdoti sono impegnati nella vita pastorale della Comunità?
Quattro, oltre a me, tra cui l’incaricato della Pastorale giovanile (ordinato lo scorso giugno), a cui si aggiunge don Gianni Colzani, 82enne teologo. Sono anche decano del Decanato Cagnola Gallaratese, Quarto Oggiaro, che all’ultima rilevazione disponibile conta intorno alle 120 mila unità.

Come decani avete avuto parte nella riflessione preparatoria del Direttorio. Quale è l’aspetto più significativo del documento?
Mi pare che uno dei cardini sia la definizione dei Consigli pastorali e delle Comunità pastorali in ordine a due nodi tematici. Il primo è quello della scelta della missionarietà come motivazione della nascita delle Comunità pastorali, come aveva evidenziato a suo tempo anche il cardinale Tettamanzi. Ritengo poi interessante che si sottolinei il rapporto tra la Comunità pastorale e le singole parrocchie. L’insieme e la prossimità, infatti, mi sembrano due aspetti che il Direttorio aiuta a chiarire. La nostra Comunità pastorale ha 14 anni: qualche volta penso che siamo ancora dei “preadolescenti” rispetto ad altre realtà, ma sono profondamente convinto quando dico che abbiamo un futuro promettente, che significa anche fare un cammino per arrivarci. D’altra parte, anche a Monza ero già stato vicario nella Comunità Ascensione del Signore. Avevo chiesto io stesso di essere destinato a una Comunità pastorale, considerando che l’esperienza del prete, magari da solo in una parrocchia, non fosse utile per la mia vita sacerdotale. Mi piace la fraternità che si crea nelle Comunità.

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