Cento anni fa l’elezione di Achille Ratti al Soglio di Pietro, che Desio, sua città natale, celebra con una due-giorni (27 e 28 maggio) ricca di eventi. I moniti rivolti alla Chiesa e alla società del suo tempo suonano significativi anche oggi
di Franco
Cajani
Segretario generale Cisd Pio XI
Ricorre quest’anno il centenario dell’elezione a Pontefice di Achille Ratti, papa Pio XI. Desio, sua città natale, celebra l’anniversario con una due giorni ricca di eventi, venerdì 27 e sabato 28 maggio (vedi qui il programma).
Pubblichiamo un contributo di di Franco Cajani, segretario generale del Centro Internazionale di Studi e Documentazione Pio XI, promotore dell’iniziativa.
Lo scorso 6 febbraio monsignor Gianni Cesena, prevosto mitrato di Desio, ha celebrato nella Basilica dei Santi Siro e Materno il centenario della elezione al Soglio di Pietro del desiano Achille Ratti, che il collegio cardinalizio aveva designato nel Conclave di lunedì 6 febbraio 1922, verso le 11, al 14° scrutinio. Il numero 14 è stato anche oggetto di un aneddoto da parte del cardinale Jànos Csernoch, primate d’Ungheria agli altri confratelli: «Ecco noi abbiamo fatto passare il card. Ratti per le 14 stazioni della Via Crucis e lo lasciamo solo sul Calvario».
Il nome e la benedizione
Ma la parte più significativa è quando il cardinale decano chiede «Quomodo vis vocari?» e Ratti risponde: «Sotto il pontificato di Pio IX sono stato incorporato nella Chiesa cattolica e ho fatto i miei primi passi nella carriera ecclesiastica. Pio X mi chiamò a Roma. Pio è un nome di Papa. Desideroso di consacrare i miei sforzi all’opera di pacificazione mondiale, alla quale s’era consacrato il mio predecessore Benedetto XV, scelgo il nome di Pio. Io voglio ancora aggiungere una parola: io protesto davanti ai membri del Sacro Collegio che ho a cuore di salvaguardare e di difendere tutti i diritti della Chiesa e tutte le prerogative della Santa Sede; ma detto ciò, io voglio che la mia prima benedizione vada, come pegno della pace alla quale l’umanità aspira, non solamente a Roma e all’Italia, ma a tutta la Chiesa e al mondo intero. Io la darò dal balcone esterno di San Pietro».
Certo un forte coraggio, quello di Pio XI: per questo è stato definito «il leone di Desio», il primo Pontefice che dopo il 20 settembre 1870 – con l’apertura della breccia di Porta Pia da parte dell’esercito piemontese che sanzionò l’annessione di Roma al Regno d’Italia e pose fine allo Stato pontificio – ha violato lo stato di prigionia in Vaticano quasi anticipando l’intenzione di una pacificazione fra Stato e Chiesa con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929.
L’Agenzia Stefani divulga a urbi et orbi il seguente comunicato stampa: «Sua Santità Papa Pio XI, con tutte le riserve in favore dei diritti inviolabili della Chiesa e della Santa Sede, che ha giurato di asserire e di difendere, ha impartito la sua prima benedizione dalla Loggia esterna sulla piazza di San Pietro, con la particolare intenzione che la benedizione stessa sia diretta non solo a Roma, all’Italia, ma a tutte quante le genti, e porti a tutti l’augurio e l’annunzio di quella universale pacificazione che tutti così ardentemente sospiriamo».
L’obiettivo della pace
Angelo Novelli scrive a tal proposito: «La dichiarazione, come ognuno avverte da sé, ripete sostanzialmente le parole pronunziate da Pio XI in Conclave ai cardinali elettori e che naturalmente il pubblico ignorava. Con essa il nuovo Papa voleva significare che la universalità della sua prima benedizione e la deroga che egli introduceva, nell’impartirla, alla pratica invalsa dopo il 1870 erano da lui volute unicamente allo scopo di rendere più solennemente manifesto, quale in certa guisa richiedeva la straordinarietà delle circostanze, il supremo intento del suo pontificato, che è di conseguire la pace nel mondo mediante la riconciliazione cristiana dei popoli. Non un atto politico nei confronti di una sola nazione, l’Italia, aveva Pio XI compiuto, ma un atto squisitamente religioso rivolto a benefizio di tutte quante le nazioni, a tutte le genti senza distinzione».
Fermezza e diplomazia
E questo inizio di Supremo pontificato, durato 17 anni e 4 giorni, sino al 10 febbraio 1939, ci dà modo di affrontare alcune considerazioni del nostro tempo e in particolare quello che può dire all’uomo di oggi. Gli esempi più eclatanti che il pontificato di papa Ratti ci ricordano sono la sua indole astuta e intelligente, capace di passare tra la fermezza e la diplomazia e la condanna ai totalitarismi soprattutto il nazionalsocialismo e bolscevismo. I giudizi di Pio XI sulle ideologie totalitarie offrono ancor oggi un ampio terreno di analisi e di confronto per gli storici di questo XXI secolo, soprattutto per il contenuto di quelle tre encicliche che nel marzo 1937, l’anziano e malato Pontefice avrebbe pubblicato a distanza di pochi giorni l’una dall’altra: l’enciclica sulla situazione della Chiesa in Germania Mit brennender Sorge (14 marzo), l’enciclica sul comunismo ateo Divini redemptoris (19 marzo) e l’enciclica sulla situazione della Chiesa in Messico Firmissiman constantiam (28 marzo).
Gli appelli alla pace e al “cessate il fuoco” del suo successore Jorge Mario Bergoglio, dall’inizio della guerra aperta spudoratamente il 24 febbraio con l’aggressione delle forze armate della Federazione Russa, ordinata dal presidente Putin, che hanno invaso l’Ucraina, riportano ai moniti del suo predecessore Achille Ratti.