Nato nel 1931 per volontà del beato cardinale Schuster, oggi comprende l’università e il Conservatorio abbinando pratica musicale, formazione teorica e ricerca. Tra gli alunni di ogni età anche gli stranieri

di Luisa BOVE

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Forse pochi conoscono il Pontificio istituto ambrosiano di musica sacra (Piams), fondato più di 85 anni fa a Milano, che ha formato generazioni e generazioni di giovani, uomini e donne appassionati di musica. Oggi è un’università moderna perché nel tempo ha saputo rinnovarsi. Il Piams, spiega il preside monsignor Claudio Magnoli, «è nato nel 1931 con la grande sponsorizzazione del cardinale Schuster, per una riqualificazione della formazione di tutti gli operatori musicali nell’ambito della vita diocesana, liturgica, religiosa. Ma anche con particolare attenzione a riprendere in maniera diffusa il canto ambrosiano liturgico, il canto latino parallelo al gregoriano. Già a alla fine dell’Ottocento c’era un movimento che spingeva verso la ripresa e la valorizzazione liturgica del canto gregoriano; così, data la nostra tradizione di canto ambrosiano, il cardinale Schuster volle rilanciare la ricerca dei codici e delle fonti e la formazione pratica per quanti potevano portare il canto ambrosiano nei Seminari, nelle principali basiliche, nelle parrocchie più in vista».

Quindi è un’università?
Sì, è una vera e propria università. Nata come Scuola ambrosiana di Musica sacra, progressivamente si è qualificata fino a diventare una realtà universitaria di tipo pontificio, che assegna i titoli accademici: bacellierato, licenza e dottorato. Il vantaggio di essere università pontificia è quella di avere un respiro per noi locale, perché la musica sacra di ispirazione ambrosiana nasce legata al nostro territorio, ma anche un interesse internazionale. Ogni tanto infatti arrivano studenti anche dall’estero, dalla Polonia, dagli Stati Uniti…

Il Piams prepara a una professione? Chi esce con i titoli che cosa può fare?
Dà lo stesso sbocco professionale che ottiene chi frequenta un conservatorio, ma con in più un titolo riconosciuto immediatamente all’estero, in tutti gli Stati che hanno rapporti con la Santa Sede. L’Italia riconosce i nostri titoli, quindi la possibilità di insegnare musica nelle scuole. Scopo dell’Istituto è anche quello di formare organisti, cantori e direttori di coro per il servizio liturgico. Tuttavia nella nostra tradizione italiana, in ambito civile, non c’è un’elaborazione di contratti per organisti e direttori di coro. Il Duomo ha organisti stipendiati, come pure altre chiese, ma per tutti si tratta di contratti su misura, non nazionali; questo crea difficoltà, perché moltissimi dei nostri animatori e operatori liturgici operano come volontari.

Quanti sono gli iscritti e qual è il loro identikit?
L’anno accademico 2017-18 inizia con una sessantina di studenti. Buona parte degli iscritti sono persone che fanno un percorso accademico, quindi anni di studio in vista di un titolo; altri scelgono quello strutturato, per esempio alcuni corsi orientati allo strumento o alla direzione. Poi ci sono i corsi liberi, per cui una persona può essere interessata alla Storia della musica piuttosto che alla vocalità. Un bel gruppo di persone abbastanza giovani si prepara in vista di una professione. Un’altra parte significativa di tutte le età, cinquantenni e anche oltre, ritaglia del tempo libero dal proprio lavoro per uno studio musicale di cui è appassionata.

Il canto, la liturgia e il rito ambrosiano trovano ancora oggi cultori tra giovani e adulti?
Sì. Oggi la ricerca del Piams è prevalentemente per una formazione musicale generale, ma nei prossimi anni si dovrà rilanciare.

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