Hanno ricevuto il battesimo e i sacramenti dell’iniziazione cristiana in 65, una decina dei quali in Duomo dalle mani dell’Arcivescovo. Due di loro si raccontano
di Annamaria
BRACCINI
Sono 65 i catecumeni ambrosiani che hanno ricevuto il battesimo e i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella notte di Pasqua, una decina dei quali in Duomo dalle mani dell’Arcivescovo. Si tratta di 47 donne e 18 uomini, provenienti da Italia (25), Albania (7), Nigeria (5), Perù (3), Egitto, Costa d’Avorio e altri Paesi. Hanno un’età compresa tra i 16 e i 70 anni, 32 sono nella fascia dai 21 ai 35 anni.
Ecco due testimonianze.
Sara: «Il cristianesimo come esperienza viva»
Un desiderio «che non è nato da un momento all’altro, ma è che stato un percorso graduale». È quello che ha convinto Sara, 26 anni universitaria, a ricevere il battesimo in Duomo nella Veglia pasquale.
Quale è la tua storia?
È un poco particolare. La mia famiglia è di religione mista: mio padre è musulmano, di origine tunisina, mentre mia mamma è cattolica. Loro si sono sposati in chiesa con il rito misto; poi hanno deciso di lasciare me e mio fratello (minore di 3 anni) liberi di scegliere quale religione abbracciare quando fossimo diventati adulti. Ci hanno però testimoniato entrambi le loro rispettive fedi. Da bambina io ho frequentato il catechismo e l’oratorio, ho sempre vissuto l’ambiente comunitario della Chiesa che mi ha accompagnato. Ho seguito anche le Messe domenicali, finché è venuto il periodo dell’adolescenza in cui, come tanti miei coetanei, ho avuto dubbi sul credere e domande riguardanti il momento in cui cerchiamo di definire la nostra identità. Frequentando le scuole superiori ho conosciuto la mia migliore amica, figura.chiave del mio percorso: lei è cresciuta con me e mi farà da madrina. Così sono arrivata a questi giorni con una consapevolezza e un desiderio che sono diventati sempre più totalizzanti.
Quindi una scelta maturata tra i banchi di scuola e universitari…
Sì. Attualmente sono iscritta all’Università Cattolica da un paio di anni: frequento i corsi della laurea magistrale nella Facoltà di Lavoro sociale e Servizi, perché voglio fare l’assistente sociale. Come ho già detto, sia nella scuola superiore, sia quando studiavo in Bicocca, mi sono avvicinata al Movimento di Comunione e Liberazione, che per me è stata davvero una boccata d’aria. Il catechismo che avevo imparato crescendo è diventata realtà e mi ha portato a vivere il cristianesimo come un’esperienza viva, aprendomi lo sguardo rispetto all’adolescenza, quando magari si percepisce la religione come qualcosa di astratto e lontano, quando il Signore appare un Dio trascendentale. Entrando in Università Cattolica ho conosciuto don Giorgio Begni, uno degli assistenti ecclesiastici dell’Ateneo: sento di dovergli dire il mio grazie perché sa di alcuni miei trascorsi, delle mie domande, del percorso che mi ha portata a chiedere il Battesimo e mi ha sempre incoraggiata.
Alì: «Ho ripreso il gusto per la vita»
È iniziato tutto un po’ per caso, ma forse sarebbe meglio dire «per provvidenza». Alì, che prenderà il nome di Luca, è un ragazzo egiziano di 20 anni, ha occhi vivacissimi e riccioli ribelli. Come tanti coetanei, ma la sua vicenda – anche se purtroppo non unica – lascia il segno in chi lo ascolta. Come le centinaia e centinaia di ragazzi che in Duomo, durante la veglia in Traditione Symboli, in silenzio, hanno accolto la sua testimonianza di catecumeno 2022.
«Sono arrivato a Galliate Lombardo, come minore non accompagnato, dopo essere stato messo su un barcone da mia nonna per avere un futuro migliore. Vivendo in parrocchia ho conosciuto persone che si sono prese cura di me con semplicità e amicizia. Mi sono chiesto perché e mi è piaciuta l’idea di imitarli fino ad avere un vero desiderio di scoprire qualcosa di più nella mia esistenza. Da qui è nata la richiesta di partecipare sempre più intensamente alla vita nella comunità cristiana. Ho potuto aiutare, ho ascoltato le prediche del “don”, fino al momento di ricevere il battesimo». Il «grande momento» è avvenuto nella sua parrocchia, proprio a sottolineare il rapporto stretto e generante alla fede dei nuovi “germogli” ambrosiani accompagnati con attenzione e affetto dalle loro comunità. «Questo è un momento bellissimo per me: divento cristiano e lo sento come la ripresa del gusto per una vita che a molti pareva già perduta. Ho trovato amici, tante ragioni per andare avanti e divento anch’io un figlio di Dio che mi ama e mi perdona».
Insomma, un esempio di quella generazione “agli inizi” in molti sensi, verso la quale esprime tutte le sue speranze l’Arcivescovo. Anch’egli, in Duomo, ha ascoltato la storia di Alì che, fortunato nella sfortuna, si è determinato «a seguire Gesù e a iniziare una vita nuova», contro i profeti di sventura e disastri, contro chi non crede «che la vita possa essere diversa e che ci è sempre data una chance in più».