Nell’ultima sessione del Consiglio presbiterale la recente Istruzione della Congregazione per il clero al centro di una riflessione complessiva sulla pastorale d’insieme
di don Bortolo
UBERTI
Gli artigiani del quotidiano dialogano su come mettere a frutto il tempo, anche quello inedito e sospeso, perché sia tempo di seminagione, di sogni e di conversione. Con queste parole l’Arcivescovo ha aperto i lavori della XVIII sessione del Consiglio presbiterale diocesano. A muovere gli interventi appassionati dei consiglieri è stato il tema dell’attuazione dell’Istruzione della Congregazione per il Clero La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa.
In una stagione in cui i confini della parrocchia non sono più soltanto quelli geografici, ma anche quelli esistenziali, caratterizzati dalla mobilità e dal mondo digitale, e quelli rarefatti di comunità sempre più piccole e non solo con meno preti, non diminuisce il desiderio di annunciare la bellezza del Vangelo perché generi stupore nel vissuto di ogni persona. La sfida vera, qui, è quella di giocarsi sulla praticabilità di questo anelito che altro non è se non il compito che Gesù ha affidato ai discepoli dopo la sua risurrezione.
Questa sfida esige, innanzitutto, di non ripiegare sulla difensiva e di non cedere alle sensazioni di accerchiamento, per aprirsi piuttosto a orizzonti missionari e avviare coraggiosi processi, anche nella sperimentazione di nuove forme di comunità cristiane. Si tratta quindi di rileggere le esperienze delle Comunità pastorali perché siano protagoniste di un’azione generativa; di riprendere coscienza della ricchezza di carismi e ministeri diversi, in particolare quello dei diaconi permanenti; di fare delle nostre parrocchie dei santuari, cioè «luoghi dove ci si incontra con il volto di Cristo misericordioso e con una Chiesa accogliente» (LCPP 31). Il prete stesso è chiamato a ritrovare le dimensioni di una leadership spirituale a immagine del Buon Pastore, dentro un presbiterio caratterizzato dalla fraternità e dentro una comunità che condivide le responsabilità pastorali. I nuovi linguaggi dell’annuncio e delle relazioni, in particolare quelle dei social, esigono un sapiente discernimento.
Tra queste riflessioni, nell’appuntamento serale della due giorni di lavoro, il Consiglio presbiterale ha recepito e condiviso la preoccupazione dell’Arcivescovo circa la possibilità che i laici si esprimano e assumano responsabilità a proposito della testimonianza evangelica nel mondo. Più faticosa e discussa, invece, è parsa la forma concreta di attuazione di questa possibilità, in particolare negli ambiti decanali.
La conversione pastorale, ci si è ripetuto, è una conversione spirituale nel senso più evangelico che, come ha concluso l’Arcivescovo, è motivata dalle novità sociali ed ecclesiali, dal magistero del Papa e dal cammino della Chiesa dalle genti. Questa conversione esige di pensare il ministero del prete dentro un presbiterio in comunione col Vescovo e in una pastorale d’insieme ormai imprescindibile. È l’intera comunità cristiana, infatti, a essere segno profetico di una fraternità universale nella gioia del Vangelo.