È il punto di partenza di «Antiquum ministerium», che istituisce il ministero del catechista. «È necessario riconoscere la presenza di laici e laiche che in forza del loro battesimo si sentono chiamati a collaborare nel servizio della catechesi»

di Maria Michela NICOLAIS

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Il ministero di catechista, antico come la Chiesa, è essenziale anche oggi,  in una “cultura globalizzata” che ha bisogno di laici impegnati nell’evangelizzazione per “contribuire alla trasformazione della società attraverso la penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico”. Lo scrive il Papa nella lettera apostolica in forma di Motu Proprio “Antiquum ministerium”, con la quale istituisce il ministero di catechista, che ha radici evangeliche, come attestano le lettere di San Paolo e l’inizio del Vangelo di Luca. No alla “clericalizzazione”, sì all’”impegno missionario”, ribadisce Francesco, annunciando che a breve la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti provvederà a pubblicare il Rito di Istituzione del ministero laicale di catechista.

“Fin dai suoi inizi la comunità cristiana ha sperimentato una diffusa forma di ministerialità che si è resa concreta nel servizio di uomini e donne i quali, obbedienti all’azione dello Spirito Santo, hanno dedicato la loro vita per l’edificazione della Chiesa”, scrive il Papa a proposito di quella che definisce “una diaconia indispensabile per la comunità”, sancita e riconosciuta in modo particolare dal Concilio, grazie al quale la Chiesa “ha sentito con rinnovata coscienza l’importanza dell’impegno del laicato nell’opera di evangelizzazione”. “L’intera storia dell’evangelizzazione di questi due millenni mostra con grande evidenza quanto sia stata efficace la missione dei catechisti”, sostiene Francesco menzionando “l’innumerevole moltitudine di laici e laiche che hanno preso parte direttamente alla diffusione del Vangelo attraverso l’insegnamento catechistico”: “Uomini e donne animati da una grande fede e autentici testimoni di santità che, in alcuni casi, sono stati anche fondatori di Chiese, giungendo perfino a donare la loro vita”.

“Anche ai nostri giorni, tanti catechisti capaci e tenaci sono a capo di comunità in diverse regioni e svolgono una missione insostituibile nella trasmissione e nell’approfondimento della fede”, l’analisi del Papa, secondo il quale “la lunga schiera di beati, santi e martiri catechisti ha segnato la missione della Chiesa che merita di essere conosciuta perché costituisce una feconda sorgente non solo per la catechesi, ma per l’intera storia della spiritualità cristiana”.

“Senza nulla togliere alla missione propria del vescovo di essere il primo catechista nella sua diocesi insieme al presbiterio che con lui condivide la stessa cura pastorale, e alla responsabilità peculiare dei genitori riguardo la formazione cristiana dei loro figli, è necessario riconoscere la presenza di laici e laiche che in forza del proprio battesimo si sentono chiamati a collaborare nel servizio della catechesi”. È la parte centrale del Motu Proprio, in cui Francesco afferma che la presenza del catechista “si rende ancora più urgente ai nostri giorni per la rinnovata consapevolezza dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, e per l’imporsi di una cultura globalizzata, che richiede un incontro autentico con le giovani generazioni, senza dimenticare l’esigenza di metodologie e strumenti creativi che rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la trasformazione missionaria che la Chiesa ha intrapreso”. “Fedeltà al passato e responsabilità per il presente sono le condizioni indispensabili perché la Chiesa possa svolgere la sua missione nel mondo”, la ricetta del Papa, che cita la Lumen gentium per  illustrare la “funzione peculiare svolta dal catechista”, chiamato in primo luogo a esprimere la sua competenza nel servizio pastorale della trasmissione della fede che si sviluppa nelle sue diverse tappe: “dal primo annuncio che introduce al kerygma, all’istruzione che rende consapevoli della vita nuova in Cristo e prepara in particolare ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, fino alla formazione permanente che consente ad ogni battezzato di essere sempre pronto a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza”.

“Il catechista è nello stesso tempo testimone della fede, maestro e mistagogo, accompagnatore e pedagogo che istruisce a nome della Chiesa”, l’identikit contenuto nel Motu Proprio: “Un’identità che solo mediante la preghiera, lo studio e la partecipazione diretta alla vita della comunità può svilupparsi con coerenza e responsabilità”. “È bene che al ministero istituito di catechista siano chiamati uomini e donne di profonda fede e maturità umana, che abbiano un’attiva partecipazione alla vita della comunità cristiana, che siano capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, che ricevano la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica per essere comunicatori attenti della verità della fede, e che abbiano già maturato una previa esperienza di catechesi”, la raccomandazione. Ai catechisti come ministri, inoltre, “è richiesto che siano fedeli collaboratori dei presbiteri e dei diaconi, disponibili a esercitare il ministero dove fosse necessario, e animati da vero entusiasmo apostolico”. Le Conferenze episcopali, da parte loro, sono esortate  a “rendere fattivo il ministero di catechista, stabilendo l’iter formativo necessario e i criteri normativi per potervi accedere, trovando le forme più coerenti per il servizio che costoro saranno chiamati a svolgere”.

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