«La bellezza della Chiesa è questa: siamo un’unica famiglia»: così il Pontefice a vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati, seminaristi e operatori pastorali incontrati nella cattedrale di Nur-Sultan
di Maria Michela
Nicolais
Agensir
«Una Chiesa fatta di tanti volti, storie e tradizioni diverse, tutte unite dall’unica fede in Cristo Gesù. perché provenite da luoghi e Paesi differenti, ma la bellezza della Chiesa è questa: siamo un’unica famiglia, nella quale nessuno è straniero». È il ritratto della comunità cattolica in Kazakhstan, tracciato dal Papa nell’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali, presso la cattedrale Madre di Dio del Perpetuo Soccorso di Nur-Sultan.
«Nessuno è straniero nella Chiesa, siamo un solo popolo santo di Dio arricchito da tanti popoli – ha ripetuto Francesco -. E la forza del nostro popolo sacerdotale e santo sta proprio nel fare della diversità una ricchezza attraverso la condivisione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo: la nostra piccolezza si moltiplica se la condividiamo». «Il mistero di Dio – dice san Paolo – è stato rivelato a tutti i popoli – ha sottolineato il Papa -. Non solo al popolo eletto o a una élite di persone religiose, ma a tutti».
Due le parole attorno a cui si è articolato il discorso del Papa, mutuate proprio da San Paolo: «eredità e promessa». «Da una parte, una Chiesa eredita sempre una storia, è sempre figlia di un primo annuncio del Vangelo, di un evento che la precede, di altri apostoli ed evangelizzatori che l’hanno stabilita sulla parola viva di Gesù – ha spiegato Francesco -. dall’altra parte, essa è anche la comunità di coloro che hanno visto compiersi in Gesù la promessa di Dio e, da figli della risurrezione, vivono nella speranza del compimento futuro. Sì, siamo destinatari della gloria promessa, che anima di attesa il nostro cammino».
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