«La guerra vergognosa a cui stiamo assistendo prova che la buona politica può venire solo da una cultura della cura della persona e della sua dignità e della casa comune», ha detto alle partecipanti a un incontro del Cif
di Agensir
«È ormai evidente che la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune. Lo prova, purtroppo negativamente, la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo». Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza le partecipanti a un incontro del Cif (Centro italiano femminile).
«Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina – ha proseguito Francesco -. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri».
«La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni», la tesi del Papa, che ha aggiunto a braccio: «Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso -, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».
Atto di consacrazione da Kiev a Odessa
Nonostante i bombardamenti, le sirene e il coprifuoco, anche in Ucraina, da Kiev a Odessa, «se tutto va bene, se non ci saranno allarmi e se la situazione lo permetterà», i cattolici vivranno in comunione con Papa Francesco a Roma l’atto di consacrazione al cuore Immacolato di Maria di Ucraina e Russia.
Raggiunto telefonicamente dal Sir, è il Nunzio apostolico, monsignor Visvaldas Kulbokas, a descrivere come in Ucraina, vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli si stanno preparando a vivere domani questo atto di consacrazione. «È un momento molto importante – dice il Nunzio -. Qui in Ucraina ogni vescovo, ogni diocesi sono stati informati e non c’è dubbio che per quanto possibile tutti i vescovi e tutti i sacerdoti lo vivranno intensamente. Siamo stati informati che papa Francesco farà l’atto di consacrazione attorno alle 18.30, le 19.30 qui in Ucraina. Il problema è che in molte regioni, vige il coprifuoco che inizia per lo più alle 19. Per molte, quindi, compresa la città di Kiev, non ci sarà possibile vivere quel momento in contemporanea con Roma nelle cattedrali perché tecnicamente è impossibile».
A Kiev si è quindi deciso che «vivremo questo atto di consacrazione nella cattedrale romana cattolica di Sant’Alessandro, insieme al vescovo Vitalij Kryvyc’kyj, ordinario di Kiev, e con me come Nunzio, al termine della messa, attorno alle 18, poco prima che ciò avvenga a Roma con papa Francesco. Poi ciascuno rientrerà nelle proprie residenze e vivremo nuovamente l’atto di consacrazione seguendo papa Francesco in mondo visione, sempre che la situazione lo permetta».
Il Nunzio fa sapere che un grande gruppo di vescovi greco-cattolici vivranno l’atto di consacrazione «fisicamente riuniti» in un luogo che si preferisce far rimanere anonimo e nascosto: «Difficile sapere quanti di loro potranno essere presenti, perché non per tutti è possibile muoversi». Il nunzio spiega quindi con quale predisposizione d’animo si prepara personalmente a vivere questo momento. Il pensiero va immediatamente alle «persone che muoiono e sono ferite, compresi bambini. Alle persone che muoiono per fame, freddo e anche di sete. La loro preghiera è ancora più grande e più importante che la nostra. Il nostro ruolo di pastori è allora quello di unire spiritualmente tutta la sofferenza dell’umanità, rappresentata in primo luogo dai bambini e dai più deboli, e offrirla molto umilmente al Cuore Immacolato di Maria, nostra Madre, e chiedere la sua intercessione perché il cuore nostro e il cuore di tutta l’umanità si converta e perché diventiamo davvero umani, davvero fratelli tutti. Che il Signore ci conceda la pace».
«Questo dolore – aggiunge il Nunzio – lo viviamo insieme con la Madre di Dio e ci purifica tutti, non soltanto chi noi indichiamo come violento e aggressore, ma purifica tutti perché tutti siamo peccatori. Per questo motivo, chiediamo al Signore il perdono. In più, noi sappiamo che la Vergine Maria, con l’arcangelo Michele e tutti gli angeli, è colei che protegge tutta l’umanità contro le forze del maligno».
I vescovi cattolici latini ucraini hanno chiesto alle diocesi di prepararsi con una Novena, una veglia di preghiera per la fine della guerra e il dono della pace che si è vissuta nei nove giorni precedenti. Anche a Odessa i cattolici si uniranno in preghiera. Alle 17 (ora locale) ci sarà in cattedrale l’adorazione del Santissimo fino alle 18. Poi il vescovo, monsignor Stanislav Szyrokoradiuk, celebrerà una messa. Dopo la Messa ci sarà l’Atto di Consacrazione in unione con il Papa e con la presenza di tutti i sacerdoti di Odessa che raggiungeranno la cattedrale.