Cinquemila operatori e pazienti attesi in Vaticano dieci anni dopo la beatificazione di don Carlo
Adulti e bambini con disabilità, anziani fragili, pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite e in stato vegetativo, malati terminali e popolazioni di tre continenti assistite attraverso programmi di Cooperazione Internazionale. È la galassia della Fondazione Don Gnocchi che papa Francesco accoglierà giovedì 31 ottobre, in Aula Paolo VI in Vaticano. Il saluto del Santo Padre è atteso per le 12.
Cinquemila persone, tra operatori e pazienti, raggiungeranno Roma per l’occasione su due treni speciali da Milano, sei treni di linea provenienti da Torino, Brescia, Firenze e oltre 20 Bus. I primi a partire, alle tre del mattino, saranno le comitive provenienti dai Centri di Acerenza e Tricarico, in Basilicata. Tra loro anche Rocco Martino, persona che in seguito a ictus aveva perso l’uso della parola. Sarà lui a rivolgere a papa Francesco il saluto di tutti i pazienti in cura nelle strutture della Fondazione.
«Il nostro tempo, frenetico e digitalizzato – spiega il Presidente della Fondazione, don Vincenzo Barbante – rischia di non accorgersi di chi è rimasto indietro perché non può tenere il passo. Il progresso tecnico, che è buona cosa, proprio ora esige un parallelo progresso di umanità e di solidarietà. Alla Fondazione Don Gnocchi viene chiesto di mostrare che questo è possibile. Vogliamo collaborare con tutti coloro che condividono questo obiettivo, per costruire una società davvero integrata, dove ogni uomo è importante e prezioso, a partire proprio da chi è più fragile».
L’incontro con Papa Francesco avviene nel decennale della beatificazione di Don Carlo Gnocchi. Nato nel 1902 a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano, Don Gnocchi ha attraversato le vicende della Seconda Guerra Mondiale come cappellano volontario degli Alpini, rischiando lui stesso la vita durante la tragica ritirata dal fronte russo. Al termine del conflitto avvia la sua opera in risposta a una grande emergenza dell’Italia del dopoguerra: la presa in carico di orfani e bambini mutilati. Un impegno con cui si guadagnerà il soprannome di “padre dei mutilatini”. Negli anni cinquanta Don Gnocchi estende quindi l’attività dell’allora Fondazione Pro Juventute all’assistenza di persone affette da poliomielite con la creazione del Centro di Santa Maria Nascente a Milano, oggi uno dei due Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) della Fondazione, insieme all’Irccs Don Gnocchi di Firenze. Ne poserà la prima pietra, ma non farà in tempo a vederne l’inaugurazione. Muore poco dopo a Milano nel 1956, affidando ai suoi il compito di portare avanti il lavoro della Fondazione in una celebre frase in dialetto milanese che è parte del suo testamento ideale: «Amis, ve raccomandi la mia baracca». Tra le sue ultime volontà, la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti, oggi ancora viventi.
La Fondazione Don Gnocchi conta oggi complessivamente 3.700 posti letto per riabilitazione, 6.000 operatori e oltre 50 strutture, tra ospedali e ambulatori territoriali, distribuiti in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Campania e Basilicata. Assiste oltre 250.000 persone mediamente ogni anno in Italia ed è attiva con progetti sanitari e socio-assistenziali, come Organizzazione Non Governativa (Ong), in Burundi, Ruanda, Bolivia, Ecuador, Bosnia Erzegovina, Ucraina, Myanmar (ex Birmania) e Cambogia.
L’attività di ricerca della Fondazione ha visto negli ultimi anni un importante sviluppo di sperimentazioni multicentriche per l’applicazione di tecnologie robotiche. 10 dei 28 Centri ospedalieri distribuiti tra Nord, Centro e Sud Italia sono oggi dotati di piattaforme robotizzate per la riabilitazione neuromotoria di pazienti post-ictus e affetti da sclerosi multipla.
L’udienza con il Santo Padre sarà preceduta il 30 ottobre dal Convegno “Accanto alla vita sempre: tra scienza, coscienza e compassione” (Centro Congressi Auditorium Aurelia, Largo Tomaso Perassi, 00165 Roma), promosso a Roma dalla stessa Fondazione e che sarà aperto dall’intervento di monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita.