Le due idee centrali del discorso rivolto dal Pontefice durante l'udienza per il 50° della sede dell'istituzione: radicarsi nel Vangelo sull’esempio dei santi e impegnarsi a una vita di santità

di monsignor Ennio APECITI
Rettore del Pontificio Seminario Lombardo

Apeciti

«Non accontentatevi di una vita normale». Pare questa la sintesi dell’entusiasmante incontro che gli alunni del Pontificio Lombardo hanno avuto lunedì 25 gennaio 2016, una data che – hanno subito commentato i sacerdoti studenti – è già entrata nella “storia” di questo peculiare Seminario e la proietta con entusiasmo verso il futuro. Pagina storica per il livello degli accompagnatori dei sessanta preti, delle cinque suore e dei collaboratori del Lombardo.

È stato, infatti, il cardinale Angelo Scola, in qualità di Metropolita e, dunque, di responsabile del Seminario Lombardo in Roma, a presentare al Papa la Comunità del Lombardo. Gli erano vicini Sua Eccellenza monsignor Mario Delpini, Vicario generale, incaricato di custodire i rapporti della Conferenza Episcopale Lombarda con il Lombardo, e Sua Eccellenza monsignor Giampiero Gloder, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, vice Camerlengo di Santa Romana Chiesa e membro della Commissione di Vigilanza, che consiglia e sostiene il rettore del Lombardo.

Nonostante fosse stato suggerito di accogliere il Santo Padre in rispettoso silenzio, alzandosi in piedi al suo ingresso, appena le porte della Sala Clementina si sono aperte ed è comparsa la figura di papa Francesco, è scrosciato un inatteso e incontenibile applauso, nel quale si è sciolta l’attesa e la gioia dei giovani sacerdoti che studiano a Roma, vivendo al Lombardo, e delle suore indiane, che li accudiscono con dedizione evangelica. Il Papa ne è rimasto contento e con un sorriso particolarmente radioso si è avvicinato al cardinale Scola, scambiando con lui un caloroso abbraccio, accompagnato da un rinnovato applauso.

«Il lavoro quotidiano dei membri del Pontificio Seminario Lombardo fa ancora riferimento alle parole pronunciate dal Beato Papa Montini in quell’11 novembre 1965 in cui visitò la nuova sede: “I vostri Vescovi, vi hanno mandato a Roma in vista dei bisogni delle loro diocesi; qui si è di presenza, ma col cuore, fin d’ora, al posto di ministero che vi sarà destinato. Codesta gravitazione verso l’avvenire è pure una forza, e si chiama amore, si chiama fedeltà, si chiama servizio, si chiama vocazione, si chiama sacrificio”». Questo l’inciso esordio del cardinale Scola nel suo saluto a papa Francesco. Vale la pena custodirlo anche per il domani. Parla, infatti, della speciale vocazione dei giovani preti studenti e dei sacerdoti responsabili.

Non è sempre facile per dei giovani – quand’anche sono preti – dedicarsi con fedeltà a studi impegnativi quali quelli che sostengono gli Alunni del Lombardo nelle diverse Università Pontificie di Roma: «È un impegno, non privo di oggettiva fatica», ha giustamente sottolineato il cardinale Scola; un impegno che poggia sull’insegnamento di papa Francesco, il quale nella Evangelii gaudium chiama tutti a essere «discepoli missionari», che devono – come aveva detto il Papa ai preti studenti in Roma il 12 maggio 2014 – «capire la Chiesa con occhi di cristiano, capire la Chiesa con mente di cristiano, capire la Chiesa con cuore di cristiano; capire la Chiesa dall’attività cristiana».

Questa esortazione a «capire» sempre di più e con cuore sempre più aperto, è stata ripresa da papa Francesco, con un discorso così ricco – come hanno subito commentato gli Alunni del Lombardo – che ci vorrà tempo per “masticarlo” e farlo diventare “vita vissuta”. Almeno due idee, in ogni caso, sono entrate subito nel cuore.

La prima: occorre radicarsi nel Vangelo sull’esempio dei santi: «Per prepararsi bene occorre un lavoro approfondito, ma soprattutto una conversione interiore, che quotidianamente radichi il ministero nella prima chiamata di Gesù e lo ravvivi nel rapporto personale con Lui», ha detto il Papa, che ha citato San Carlo Borromeo, patrono del Lombardo: egli – ha detto papa Francesco – ha cercato per tutta la sua vita di assumere in sé l’immagine del Buon Pastore, che ogni presbitero è chiamato a imitare «a prezzo del sangue», proprio come San Carlo, che «mise tutta la sua “passione” a riprodurla».

Di qui il secondo insegnamento, che gli alunni del Lombardo e i preti che li servono portano come ricordo prezioso dell’incontro: l’impegno imprescindibile e improrogabile a essere santi, a essere grandi santi, come i tre Beati e i tre Servi di Dio, che il Lombardo annovera tra i suoi studenti: «La “normalità” per noi (vescovi e sacerdoti) è la santità pastorale, il dono della vita. Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre, o peggio».

È una frase provocante e splendida. Cinquant’anni fa il Beato Paolo VI esortava gli alunni a non risparmiarsi. Oggi papa Francesco ci incalza a essere santi, non mai mediocri, né abitudinari, perché chi ama Dio con tutto il cuore, dona tutto il suo cuore e le sue energie al Dio amato, e ai fratelli che Egli gli ha donato. Su questo sentiero si pongono i sessanta preti del Lombardo, per continuare a tracciare il cammino iniziato cinquanta anni fa con la benedizione di Paolo VI.

 

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