Sul numero di marzo del mensile il resoconto del lungo colloquio a Casa Santa Marta, nel quale il Santo Padre ha toccato le questioni più care al giornale di strada. Perché si fa così tanta fatica a «mettersi nelle scarpe degli altri»? È giusto lasciare l’elemosina a chi chiede aiuto per strada? Qual è la prima cosa che dice quando incontra una persona senza dimora?

Un numero “storico” per Scarp de’ tenis. Il mensile della strada, progetto editoriale e sociale sostenuto da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, esce oggi con il numero di marzo che contiene l’intervista esclusiva a papa Francesco raccolta dal direttore Stefano Lampertico, che lo ha incontrato insieme con Antonio Mininni, prima venditore e poi storico responsabile della redazione di strada, in rappresentanza di tutti i venditori del giornale di strada.

Nell’intervista ci sono i richiami alla visita a Milano del 25 marzo: «Milano non la conosco. Ci sono stato una volta soltanto, per poche ore, nei lontani anni Settanta. Avevo qualche ora libera prima di prendere un treno per Torino e ne ho approfittato per una breve visita al Duomo. In un’altra occasione, con la mia famiglia, sono stato una domenica a pranzo da una cugina che abitava a Cassina de’ Pecchi. Milano non la conosco, ma ho un grande desiderio, mi aspetto di incontrare tanta gente. Questa è la mia più grande aspettativa: sì, mi aspetto di trovare tanta gente».

Nella lunga intervista il Papa ha risposto, con lo stile ricco di aneddoti che gli appartiene, alle domande di Scarp, partendo, ovviamente, dalla fatica che oggi si fa a «mettersi nelle scarpe degli altri». «È molto faticoso – si legge su Scarp de’ tenis – mettersi nelle scarpe degli altri, perché spesso siamo schiavi del nostro egoismo. A un primo livello possiamo dire che la gente preferisce pensare ai propri problemi senza voler vedere la sofferenza o le difficoltà dell’altro. C’è un altro livello però. Mettersi nelle scarpe degli altri significa avere grande capacità di comprensione, di capire il momento e le situazioni difficili» E ancora: «Spesso per supplire a questa mancanza di grandezza, di ricchezza e di umanità ci si perde nelle parole. Si parla. Si parla. Si consiglia. Ma quando ci sono solo le parole o troppe parole non c’è questa “grandezza” di mettersi nelle scarpe degli altri». In un altro passaggio Papa Francesco spiega poi come «si può vedere un senza tetto e guardarlo come una persona, oppure come fosse un cane. E loro di questo differente modo di guardare se ne accorgono».

Scarp ha chiesto al Papa se sia giusto fare l’elemosina alle persone che chiedono aiuto per strada. «Ci sono tanti argomenti – ha risposto – per giustificare se stessi quando non si fa l’elemosina. “Ma come, io dono dei soldi e poi lui li spende per bere un bicchiere di vino?”. Un bicchiere di vino è l’unica felicità che ha nella vita, va bene così. Domandati piuttosto che cosa fai tu di nascosto? Tu quale “felicità” cerchi di nascosto? Un aiuto è sempre giusto. Certo non è una buona cosa lanciare al povero solo degli spiccioli. È importante il gesto, aiutare chi chiede guardandolo negli occhi e toccando le mani. Buttare i soldi e non guardare negli occhi, non è un gesto da cristiano».

Sui migranti: «Hanno il diritto di emigrare e hanno diritto a essere accolti e aiutati. Questo però si deve fare con quella virtù cristiana che è la virtù che dovrebbe essere propria dei governanti, ovvero la prudenza. Cosa significa? Significa accogliere tutti coloro che si “possono” accogliere. E questo per quanto riguarda i numeri. Ma è altrettanto importante una riflessione su “come” accogliere. Perché accogliere significa integrare. Questa è la cosa più difficile, perché se i migranti non si integrano, vengono ghettizzati».

Nel corso dell’incontro il Papa ha ascoltato anche la testimonianza di Antonio Mininni, prima venditore e poi storico responsabile della redazione di strada di Scarp de’ tenis. «Papa Francesco, a un certo punto dell’intervista – racconta -, rispondendo alle domande ha raccontato di come, a Buenos Aires, nelle baraccopoli, ci sia più solidarietà tra le persone che non nei quartieri del centro. Così, naturalmente, mi è venuto spontaneo raccontare al Papa la mia esperienza di vita e di strada. E non ho potuto che sottolineare quanto le parole del Papa siano vere. È un’esperienza che ho provato sulla mia pelle. Il Papa mi ha ringraziato per la testimonianza. Se non fosse vero, farei fatica a crederlo».

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