Il superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa, è giunto a Milano per partecipare alla presentazione del terzo volume dell’Opera Omnia del cardinale Carlo Maria Martini. Nelle sue parole, un richiamo ai valori della contemplazione attiva, del discernimento, della capacità di essere cittadini consapevoli sull’esempio di quanto testimoniato dal confratello scomparso nel 2012

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di Annamaria BRACCINI

San Fedele padre Sosa ricorda Martini

“Conflitto e contemplazione. Quale politica per la città?”.
Se già il titolo dell’incontro che si tiene all’Auditorium San Fedele è interessante e attrattivo, non vi è dubbio che il protagonista della serata faccia, per più di una ragione, la differenza.
A Milano arriva, infatti, proprio per la serata inserita nel contesto delle Celebrazioni per i 90 anni di nascita del cardinale Carlo Maria Martini, il generale della Compagnia di Gesù, Arturo Sosa. Venezuelano, 69 anni, eletto a ottobre 2016 dai 212 votanti nella 36esima Congregazione Generale, padre Sosa è cordiale, sorridente, lieto di essere a Milano dove ha svolto il Ministero episcopale colui che, confratello, nel lontano 1974, quando l’attuale Generale era un semplice studente di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana, era già un rettore e biblista famoso.
Lo ricorda con un sorriso padre Sosa, prima di prendere parte al momento di dialogo e confronto aperto dal presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, padre Carlo Casalone S.J. Nelle prime file siedono anche il superiore provinciale d’Italia, Gianfranco Matarazzo, altri Padri gesuiti, la sorella del cardinale Martini, Maris e il nipote, Giovanni; personalità della società civile come il già sindaco di Milano Gabriele Albertini e Giuseppe Guzzetti presidente della Fondazione Cariplo, sostenitrice da sempre delle Celebrazioni e attività martiniane. Non mancano tanti amici, sacerdoti ambrosiani e studiosi.
Si presenta ufficialmente “Giustizia, etica e politica nella città”, terzo e ponderoso volume dell’Opera Omnia dell’amato Arcivescovo di Milano scomparso il 31 agosto del 2012. Prendono la parola i professori Guido Formigoni e Luigi Pizzolato. Il Generale dei Gesuiti dialoga con il vicepresidente della Fondazione, padre Giacomo Costa S.J.
La memoria va, anzitutto, a Martini: «L’ho conosciuto tramite i suoi scritti sugli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio a partire della Bibbia. Il primo di questi, sul IV Vangelo (di Giovanni) mi toccato molto e mi ha aiutato. Appartengo a quei cristiani e gesuiti che si sono innamorati della Chiesa del Concilio Vaticano II perché ha ispirato profondamente la mia vocazione verso la Compagnia di Gesù, guidata allora da padre Arrupe, nel contesto della Chiesa Latinoamericana che ha cercato di andare incontro la fede del popolo e di partecipare nelle lotta per la giustizia sociale nell’intero Continente».
Si approfondisce il concetto di contemplazione, anche in riferimento alla splendida (e spazzante per molti) I Lettera pastorale del Cardinale alla Diocesi, “La dimensione contemplativa della vita” del 1981.
«Egli non poneva l’accento solo sull’aspetto di unione con Dio, che comunque la contemplazione necessariamente comporta, ma anche sull’imitazione della persona di Gesù a cui tale unione conduce. Un contemplare Dio, attraverso la figura di Gesù incarnato. «In questo senso, la contemplazione non portava Ignazio a guardare “verso l’alto”, ma a guardare il mondo incorporando progressivamente lo sguardo del Figlio. Non per niente i Gesuiti sono chiamati ad essere “contemplativi nell’azione”», nota Sosa che aggiunge: «Per questo troviamo la parola contemplazione accostata a termini ai quali non si accosta immediatamente come democrazia e azione civile. È un atteggiamento che ritroviamo anche in papa Francesco».
Aspetto specifico della contemplazione – questo –, «che consente di cogliere l’operare di Dio nelle vicende della società e della storia», di cogliere, insomma, i “segni dei tempi”, come dice il Concilio.
Da qui il passo al discernimento, categoria ignaziana e martiniana par excellece, è breve e segna marcatamente la capacità profetica di un Pastore che, già all’inizio degli Anni ’80, invitava a guardare in modo organico all’immigrazione comprendendone le durezze e difficoltà per le società italiana ed europea nel suo insieme. «Del resto, per portare avanti un discernimento che conduca a deliberazioni mature e avvertite in situazioni che implicano molti aspetti occorre un lavoro costante e tenace di lettura della società e una visione complessiva e unitaria. Oggi, dopo l’Enciclica “Laudato Si’” , diremmo piuttosto una prospettiva integrale, accogliendo la duplice sfida di non leggere la realtà attraverso un “pensiero unico”, riduzionista, che rischia di schiacciare le differenze a partire da un’unica prospettiva assurta a parametro unico di interpretazione della realtà, ma a tenere insieme la complessità di quanto viviamo», sottolinea padre Sosa che, a margine in un’intervista, osserva come l’Italia abbia saputo accogliere e quanto l’Europa abbia bisogno degli immigrati.
Inevitabile il richiamo conclusivo alla politica e alla formazione dei cittadini: «Ci vuole una formazione politica per aiutare tutti diventare cittadini, corresponsabili della vita comune, disposti a partecipare nelle decisioni ai diversi livelli della vita sociale che è, oggi, globale. Occorre una formazione politica che permetta di partecipare alla vita comune in modo adulto, con la informazione necessaria. Ci troviamo, così, nuovamente davanti all’importanza del discernimento. La formazione politica è il vaccino contro il fondamentalismo derivato dalle ideologie e gli atteggiamenti anti-politici, permettendo l’aggancio permanente tra l’interessi particolari e quelli comuni». E, forse, a questo punto, il pensiero del Superiore Generale va al natìo Venezuela, mai come in queste ore segnato da sangue e scontri.

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