In Duomo, l’Arcivescovo ha conferito le Ordinazioni presbiterali a 14 nuovi sacerdoti, 10 diocesani e 4 del Pime. «Siate sinceri con voi stessi, non cercate il consenso a prezzo di compromessi, la popolarità come uno scopo»
di Annamaria
Braccini
Onestà, semplicità, coerenza, senza cercare consenso o compromessi, senza tollerare ambiguità, ma camminando nell’amore anche nei momenti difficili, per una vita da vivere con ritmo tenace. Vita da prete, che inizia in Duomo, con le Ordinazioni presbiterali conferite dall’Arcivescovo, in una mattina piena di sole, per 14 nuovi sacerdoti, 10 diocesani – di età compresa tra i 25 e i 38 anni, 5 nativi della città di Milano – e 4 del Pontificio Istituto Missioni Estere, due originari del Myanmar, un brasiliano e un indiano. Giovani uomini con storie molto differenti alle spalle, con percorsi di studio universitari diversificati già portati a termine o con occupazioni precedenti alla chiamata del Signore che non è facile immaginare, dall’artista di strada allo sportivo di livello agonistico. Tante strade riunite dalla fede e dalla vocazione per il “sì” definitivo.
L’emozione c’è e si sente in Cattedrale che – pur con le necessarie misure di sicurezza e il distanziamento – vede finalmente un ritorno alla quasi normalità. Ci sono i sacerdoti concelebranti in altare maggiore, con i vescovi ausiliari, i membri del Cem, il superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, i superiori ed educatori del Seminario, con il rettore don Enrico Castagna che siede accanto all’Arcivescovo, per la prima volta in questo ruolo. E, poi, ci sono i presbiteri nel transetto di San Giovanni Bono e i seminaristi in quello della Madonna dell’Albero; i parenti nella navata maggiore, gli amici e coloro che hanno accompagnato i candidati al sacerdozio. Ma soprattutto, ci sono loro, che dicono il loro “Eccomi!”, che hanno voluto, appunto, il motto “Camminate nell’amore” e scelto le letture, tutte legate dal filo rosso dell’amore e dalle tre figure sante di Simone che diventa Pietro, di Paolo che era Saulo e di Giovanni.
«Tre testimoni e apostoli, tre fratelli perché la vostra ordinazione possa dire una parola per la nostra Chiesa, perché una parola di Vangelo raggiunga la gente di questa nostra terra che si aspetta così poco da me, da noi, da voi», dice, in apertura dell’omelia, l’Arcivescovo che proprio dalla dichiarazione di amore di Simon Pietro, nella pagina del Vangelo di Giovanni 21, avvia la sua riflessione.
L’omelia
«Dubitate delle parole facili, delle parole al vento. Non dite troppo facilmente “Ti amo” come se fosse una parola leggera, uno slancio di entusiasmo; come se bastasse dirlo una sola volta. Non dite “Ti amo” solo quando la vostra dichiarazione suscita ammirazione e applausi; se continuate ad amare anche altro, a desiderare distrazioni, a essere gelosi della vostra libertà al punto da resistere a chi ti porterà dove tu non vuoi. Non c’è bisogno di voi, se non siete disposti ad andare dove siete mandati. Non c’è bisogno di dichiarazioni sentimentali e di abili esercizi di retorica. Non c’è bisogno di chi dice parole edificanti e altisonanti e sottintende che, poi, la realtà è un’altra cosa».
Con le parole di Saulo che è diventato Paolo non senza contrasti, arriva la consegna. «Qualsiasi cosa facciate, sarete esposti alla critica, qualsiasi consa direte, ci sarà chi insinua una interpretazione maliziosa, dovunque andrete ci sarà chi vi osserva con sospetto con pregiudizio. Chi annuncia la parola del Vangelo e invita alla sequela radicale si sentirà talora pungere dalla parola maliziosa: “fate presto voi preti che siete in tutto garantiti, che non dovete cercare né casa né lavoro fin dal primo giorno in cui uscite dal Seminario”. Chi cerca di frequentare tutti, anche coloro che non hanno legge, sarà accusato: “ecco un amico dei pubblicani e dei peccatori”. Chi si concentra sul compito che gli è affidato ascolterà parole di critica».
E, allora, il monito rivolto dal vescovo Mario agli ordinandi è chiarissimo. «Siate sinceri con voi stessi, non cercate il consenso a prezzo di compromessi, non cercate la popolarità come uno scopo. Siate onesti, semplici, coerenti. Non tollerate l’ambiguità. Non cercate giustificazioni per ciò che non può essere giustificato. Se sbagliate chiedete scusa e perdono. Se camminate con purezza di cuore e rettitudine sulle strade che la Chiesa vi ha indicato, non lasciatevi tirare a destra o a sinistra dalle pretese, dalle critiche, dalle seduzioni, dai vantaggi che offre, per qualche momento, l’accondiscendere all’aria che tira. Abbiate un cuore limpido, un pensiero libero che chiama male il male e bene il bene; abbiate una vita unificata dalla missione. Avete solo una cosa da fare: annunciate il Vangelo».
Terzo è Giovanni, il discepolo amato, che fa dire all’Arcivescovo. «Non siete arrivati. Siete alla partenza. Camminate, camminate nell’amore, continuate a seguire e a cercare Gesù che non sta alle vostre spalle come una lezione che avete imparato, ma sta davanti come il buon Pastore che vi guida, come la via la verità, la vita. La formazione del Seminario ha raggiunto il suo scopo se vi ha resi pronti per una scelta definitiva e vi ha insegnato a imparare. Non sapete molto della vita, anche se avete molte esperienze. Ascoltate, ascoltate sempre». E questo con la consapevolezza di non essere soli perché «c’è un popolo, un Presbiterio che cammina con voi. Non cercate la solitudine: sbaglierete strada e vita. Non stancatevi troppo, le vostre forze non sono illimitate, ma non cercate scuse per giustificare le soste che fanno perdere tempo. La vita non è una serie di scatti, ma un ritmo tenace».
Poi, i gesti, sempre suggestivi, della Liturgia dell’Ordinazione, con l’Impegni degli eletti, il “Sì, lo voglio” e il “Sì, lo prometto”, le Litanie dei Santi, l’Imposizione delle mani nel silenzio della Cattedrale e la Preghiera di Ordinazione, la Vestizione degli abiti sacerdotali, l’Unzione crismale, la consegna del pane e del vino e la gioia dello scambio della pace con l’Arcivescovo. E, prima dell’applauso che suggella la gioia della Celebrazione, ancora un grazie «a nome di questa Chiesa dalle genti che si rallegra che ci siano persone come voi. Desidero dirvi la mia gioia, la mia ammirazione e il mio augurio», sottolinea il vescovo Mario che legge anche il messaggio pervenuto dal cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, impossibilitato a intervenire di persona all’Ordinazione definita «autentico pilastro della vita della nostra Chiesa».
«Questi nuovi presbiteri hanno avuto il coraggio cristiano di assecondare questa straordinaria chiamata in un tempo assai difficile, in cui essere preti non è più riconosciuto dal mondo come un valore. Sono lieto per la preziosa risorsa che oggi la nostra Diocesi riceve e assicuro a ciascuno la mia preghiera, mentre confermo per il Presbiterio ambrosiano tutta la stima che di esso ho guadagnato cercando di servire la nostra Chiesa».
Infine, come sempre, dopo un breve il momento in casa dell’Arcivescovo, tutti ancora in mezzo alla gente (con le distanze, ma anche con gli immancabili striscioni, i canti, i saluti festosi.