Un coro inedito, formato da 21 detenuti del carcere di Opera, da immigrati e dai fedeli di Cuasso al Monte, ha arricchito il Pontificale dell’Immacolata Concezione presieduto in Duomo dall’arcivescovo, monsignor Mario Delpini. Nell’omelia un inno appassionato a Maria, «celebrata e cantata in ogni angolo della Cattedrale»
di Annamaria
braccini
Un Inno a Maria, celebrata e onorata in ogni angolo della Cattedrale, a testimonianza della tradizione spirituale di Milano che vive per la madre del Signore «una devozione intensa e sobria, perché il senso di concretezza dei milanesi rifugge da quel gusto per lo straordinario e miracolistico che talora caratterizza la devozione popolare».
Nella Solennità dell’Immacolata Concezione, il Pontificale presieduto in Duomo dall’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, è come sempre un momento atteso di fede che, quest’anno, si arricchisce della presenza di un Coro molto particolare (oltre la sempre ottima Cappella musicale della Cattedrale): quello che unisce ben 21 detenuti del Carcere di massima sicurezza di Opera, immigrati del Centro Agrisol, 14 musicisti tra violinisti, violoncellisti e clarinettisti e 42 fedeli, accompagnati dal parroco, don Nicolò Casoni, di Cuasso al Monte, il paese in provincia di Varese dove risiede il giornalista Max Laudadio, che ha messo insieme questo ensemble commovente e “improbabile”, come lo definisce lui stesso.
A tutti – tra i fedeli ci sono anche il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, il direttore della Casa di Reclusione di Opera, Giacinto Siciliano – si rivolge Delpini nella sua riflessione che è, appunto, un canto appassionato a Maria, la piena di Grazia: «Forse si può dare voce alle pietre e ai colori del nostro Duomo con il “Cantico della piena di Grazia”. Maria bambina, infanzia benedetta, gioia dei tuoi genitori, tesoro da custodire, futuro da sognare, benedizione per la casa, rivelazione della provvidenza sorprendente del Dio della vita: vita nuova, vita bella, vita come grazia. Piena di grazia, Maria dell’Annunciazione, turbamento e vertigine della vocazione, Maria della visitazione, che hai dato voce alla fede di Israele con il Cantico che parla di te, storia di persona e di popolo che sono l’unica storia in cui Dio ha compiuto grandi cose per un cuore umile e pronto a servire».
Lei, la Madre – ma verrebbe da dire, la mamma – «trepida del Natale che interpreta il primo vagito del Figlio, Lui Parola di Dio»; lei la donna distrutta dal dolore che “sta fissa” ai piedi della Croce, figlia del Figlio, «straziata dal suo soffrire e disponibile per essere madre d’altri figli, madre della Chiesa che nasce dal fianco trafitto e porta per sempre la sua familiarità con la persecuzione e il martirio». Maria di Pentecoste, «che vuole tutti salvi, docilità sapiente che si lascia condurre a parlare le lingue degli uomini per dire la verità di Dio».
Il pensiero dell’Arcivescovo torna al quel Duomo in cui risuonano le sue parole: «Duomo abitato da uno slancio verso un compimento necessario».
«Tutto il Duomo tende verso la Madonnina per dire: piena di Grazia in ogni angolo della Cattedrale, in ogni colore delle vetrate, in ogni opera d’arte e di sapienza dell’artigianato. Maria che splende sulla guglia più alta del Duomo e della città per dire della destinazione ultima, della mèta desiderata».
Certo, la Madonna, con la sua storia eccezionale e irripetibile, ma anche tutti noi chiamati «a essere santi e immacolati nella carità, perché predestinati ad essere figli adottivi mediante Gesù Cristo».
È questo il monito che il Vescovo affida a ognuno in questa festa così amata, nella quale – dice, infatti -, «riceviamo la rivelazione che siamo chiamati alla gloria. Dalla gioia e dal soffrire, dalla solitudine e dalla festa condivisa, dai giorni dell’angoscia e dai giorni della pace, da ogni giorno si sviluppa uno slancio che tende verso la Madonnina».
Una convocazione universale, dunque, che partecipa dell’annuncio dell’Angelo a Maria portando un messaggio chiaro anche oggi: «Non disperdetevi nella banalità dei giorni, non chiudete il vostro orizzonte su quello che è prevedibile, calcolabile, programmabile».
Insomma, un “puntare” in alto, oltre le cose umane del quotidiano, guardando con fiducia alla Madre di Cristo che da lassù, continua a vegliare su Milano e su tutti, mentre, al termine della Messa, il Coro intona il canto finale Natività, tra l’emozione dei fedeli.
Iniziativa nata dal progetto di realizzare anche a Milano una “Missione Possibile”, titolo della trasmissione di Tv2000 condotta da Max Laudadio e dedicata alle imprese compiute da missionari in alcuni dei luoghi più poveri del mondo. Un’iniziativa coraggiosa e complessa, basti pensare che tra i 21 reclusi, accompagnati in Duomo di prima mattina grazie a un permesso straordinario ottenuto dal Ministero di Grazia e Giustizia, ci sono tre ergastolani ostativi, i cosiddetti “fine pena mai”. E proprio la bella performance del Coro, salutato con affetto dall’Arcivescovo che ferma, per questo, la processione finale, verrà trasmessa su Tv2000 il 24 dicembre, prima della Messa di Mezzanotte.