Presentato a Milano il Rapporto di Acs (“Aiuto alla Chiesa che soffre”). La situazione è più grave oggi che in qualsiasi altro periodo storico
di Daniele
ROCCHI
«Non meritate di vivere». Queste parole di un militante estremista rivolte al cristiano Elia Gargous, rapito da milizie islamiste del Fronte al Nusra, nei dintorni di Rableh (Siria occidentale) sintetizzano crudamente quanto contenuto nel Rapporto di Acs (“Aiuto alla Chiesa che soffre”) sulla persecuzione anticristiana “Perseguitati e dimenticati. Rapporto sui cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2015 e il 2017», presentato venerdì a Milano.
Lo studio, che prende in esame tredici Paesi (Cina, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia, Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Corea del Nord), si basa su ricerche sul campo effettuate da Acs, e dimostra come «tra il 2015 e il 2017 i cristiani siano stati vittime del fondamentalismo, del nazionalismo religioso, di regimi totalitari e di violenze direttamente o indirettamente finanziate dall’Occidente, nonché dell’incapacità dei governi occidentali di porre un freno al genocidio in atto in Medio Oriente e non solo».
La ricerca denuncia «violazioni dei diritti umani fondamentali quali violenze, stupri, detenzioni illegali, processi iniqui, divieto di riunioni di carattere religioso e dell’espressione pacifica del credo religioso». In termini di numero di persone coinvolte, gravità dei crimini commessi e relativo impatto, è chiaro, afferma il Rapporto, che la persecuzione dei cristiani è più grave oggi che in qualsiasi altro periodo storico.
Non soltanto, infatti, i cristiani sono più perseguitati di qualsiasi altro gruppo religioso, ma un numero crescente di loro sta sperimentando le peggiori forme di persecuzione. Conseguenze dirette di questa grave condizione sono «l’esodo, la destabilizzazione e la perdita di speranza».
Ad esempio, in Siria, i cristiani sono passati da 1,2 milioni a 500mila in cinque anni, nella sola città di Aleppo il numero è sceso di oltre il 75%, da 150mila a 35mila; in Iraq, si legge nel Rapporto, i cristiani lamentano una diminuzione da 275mila (metà 2015) a meno di 200mila di due anni dopo. «Non è da escludersi una possibile estinzione dei cristiani iracheni entro il 2020» se questa riduzione continuasse con lo stesso ritmo. Considerati nel loro insieme, i fatti accaduti in Siria e in Iraq mostrano come i cristiani locali siano stati vittime da parte dell’Isis di un genocidio, così come definito dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio adottata dalle Nazioni unite. Lo stesso è accaduto in Nord Nigeria dove Boko Haram, affiliato allo Stato islamico ha messo in atto una campagna di violenze per assicurare che i fedeli non siano in grado di rimanere.
L’incapacità dei governi, denuncia il Rapporto, di intraprendere le azioni necessarie a fermare il genocidio e assicurarne i responsabili alla giustizia – così come indicato dalla Convenzione sul genocidio – ha rappresentato un significativo passo indietro per i cristiani sofferenti.
Il Rapporto mostra che in Arabia Saudita «il Cristianesimo è illegale. Lo Stato sostiene di tollerare il culto privato dei non musulmani, ma le conversioni dall’Islam sono punite con la pena di morte»; in Cina «nuove norme hanno portato ad un maggior numero di chiese distrutte e croci rimosse. Le Chiese domestiche sono sotto crescente pressione affinché si conformino all’ideologia comunista o si sciolgano»; in Corea del Nord «i cristiani arrestati, considerati spie degli Usa, sono inviati automaticamente nei campi di internamento dove vengono uccisi o subiscono lavori forzati, torture, persecuzione, privazione di cibo, stupri, aborti forzati e violenze sessuali»; in Egitto «più di 100 cristiani sono morti in tre attentati a Tanta, Alessandria e Minya. Vi sono inoltre continui casi di copti uccisi da estremisti»; in Eritrea «misure ancor più repressive nei confronti dei cristiani, carcere per quanti si oppongono al crescente controllo governativo dei gruppi religiosi»; in India «drastico aumento degli attacchi anticristiani in seguito alle elezioni del marzo 2017. Nei primi mesi di quest’anno sono stati riportati 316 atti commessi ai danni dei cristiani»; in Iran «la Chiesa ha subito confische di terreni, rifiuti di visti e forme di sorveglianza e intimidazione»; in Iraq lo «Stato islamico ha cercato di eliminare il Cristianesimo nelle aree sotto il proprio controllo, facendo anche ricorso alla distruzione delle chiese e alle conversioni forzate»; in Nigeria «oltre all’azione di Boko Haram, un numero crescente di attacchi da parte dei pastori fulani ha devastato villaggi cristiani e ucciso molti fedeli. Rapporti della Chiesa locale indicano prove della complicità di governo locale ed esercito nella fornitura di armi e denaro agli estremisti»; in Pakistan «la discriminazione ordinaria ai danni dei cristiani è in aumento, nelle scuole (i libri di testo incitano all’odio verso le minoranze), sul posto di lavoro (molti cristiani svolgono le mansioni più umili) e in ambito giudiziario».
In particolare in Siria «sono emersi racconti agghiaccianti di atrocità genocidarie commesse da Isis tra il 2015-2017. Un numero sproporzionato di fedeli ha lasciato il Paese, fino a metà della popolazione cristiana».
In Sudan «la persecuzione ai danni dei cristiani è aumentata, le leggi di pianificazione edilizia sono utilizzate come pretesto per distruggere le chiese e gli edifici di proprietà dei cristiani, nel tentativo di schiacciare il Cristianesimo» e, infine, in Turchia dove «tra gli edifici confiscati dallo Stato anche 50 proprietà della Chiesa siro-ortodossa. Presenti indicazioni di una continua intolleranza che si concretizza anche nell’islamizzazione di storici siti cristiani, come ad esempio l’Hagia Sophia».