In linea con le indicazioni dell’Arcivescovo, è questo l’auspicio del nuovo Prefetto, che confida nella collaborazione del Collegio dei Dottori per una ulteriore promozione della prestigiosa istituzione
di Annamaria
Braccini
«Anzitutto sento la forte responsabilità di questa nomina, ma mi conforta il fatto che il ruolo conferitomi dall’Arcivescovo è quello di Prefetto del Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana e, quindi, di Prefetto di un organo collegiale. La nomina non è, dunque, legata a una concezione monocratica e mi sentirò coadiuvato dai colleghi con i quali ho già condiviso un lunghissimo tratto della mia permanenza in Ambrosiana, che data ormai dal 1991».
Sono questi i sentimenti con i quali monsignor Marco Maria Navoni vive i suoi primi giorni alla guida della prestigiosa istituzione voluta da Federico Borromeo nel 1607 (leggi qui della sua nomina).
In questi trent’anni, quali sono i cambiamenti più evidenti ai quali ha assistito?
Lavoro qui da quando mi chiamò l’allora Prefetto Gianfranco Ravasi Con questo quinquennio raggiungerò poi l’età della pensione: è il coronamento di un lungo cammino che ha visto il rilancio dell’Ambrosiana dopo gli imponenti lavori di restauro degli anni Novanta. Prima la nostra Biblioteca era conosciuta da una ristretta cerchia di studiosi e anche la Pinacoteca, pur con i suoi grandi capolavori, era ancora relativamente poco nota nella stessa città di Milano. In questi trent’anni ho visto una progressiva presenza dell’Ambrosiana sulla scena culturale e artistica, anche a livello internazionale. Vorrei solo ricordare il centenario leonardesco del 2019, che ha fatto conoscere l’Ambrosiana come uno degli scrigni che conservano non solo il Musico di Leonardo – la sua unica Tavola rimasta a Milano -, ma soprattutto il Codice Atlantico, quest’immensa raccolta di manoscritti in 1119 fogli, per cui abbiamo organizzato mostre perfino in Giappone. A livello culturale, l’Accademia Ambrosiana – nelle sue diverse classi di studio e la cooptazione di oltre 200 studiosi provenienti dalle più importanti università del mondo intero – coltiva oggi studi che vanno dalla Patristica alla storia moderna, dall’epoca di Ambrogio a quella borromaica, senza dimenticare le culture del Medio ed Estremo Oriente e la classe di studi in Slavistica. Per l’Italianistica – guidata da monsignor Marco Ballarini, prefetto di cui sono stato viceprefetto, al quale sono succeduto e che ringrazio – vanno ricordati il centenario di Dante, per cui l’Ambrosiana è diventata collettore di molte iniziative e, tra poco, quello di Manzoni.
Ha già qualche progetto?
Non solo io, ma tutto il Collegio deve fare propria l’indicazione che l’Arcivescovo ci ha lasciato quando ci ha ricevuto prima della mia nomina. Nella sua veste di nostro Gran Cancelliere, monsignor Delpini ha auspicato che l’Ambrosiana sia sempre più in rete con altre realtà culturali della città; e questo sarà un punto su cui il Collegio dovrà dissodare profondamente il terreno. Penso per esempio ai rapporti già proficui con il Museo del Duomo e la Scuola della Cattedrale, con il Museo Diocesano, con l’Università Cattolica, la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e vorrei anche ricordare la Fondazione Ambrosianeum.
Come grande studioso di Lettere classiche, il suo cuore batte più per la Biblioteca o per la Pinacoteca?
Per molti anni, soprattutto durante la prefettura di Ravasi, sono stato direttore della Biblioteca: lì, per così dire, mi sono fatto le ossa. Indubbiamente, per i miei studi, è chiaro che il cuore batta soprattutto per la Biblioteca e per quella che io, in maniera forse un po’ sportiva, ho battezzato l’«ambrosianistica», una disciplina che possa raccogliere tutto ciò che riguarda la Chiesa di Milano: la sua storia, la sua liturgia, le vicende dei suoi Vescovi, le tradizioni popolari e, naturalmente, l’Ambrosiana.