Il Viceprefetto dell’Ambrosiana: «Attraverso le celebrazioni liturgiche, gli eventi commemorati si rendono presenti nell’oggi. La Chiesa, sposa di Cristo, rivive i fatti della sua Passione, Morte e Risurrezione»
di Annamaria
Braccini
«Le celebrazioni liturgiche della Settimana santa non sono la semplice ripresentazione cronachistica di quanto è avvenuto duemila anni fa. E non sono neppure il ricordo psicologico e nostalgico di fatti irrimediabilmente congelati nel passato, senza che abbiano attinenza alcuna con il nostro presente». Monsignor Marco Navoni, liturgista e storico della Chiesa, viceprefetto della Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana, delinea così il significato della Settimana che conduce alla Pasqua.
Perché non si tratta di un semplice ricordare?
Attraverso la celebrazione liturgica, gli eventi commemorati – la Passione, Morte e Risurrezione del Signore – si rendono presenti nell’oggi. In questo modo, i credenti sono chiamati annualmente a fare esperienza della redenzione, partecipando ai sacramenti che trovano nella Pasqua di Cristo la loro origine. Dunque, protagonista unico e assoluto della Settimana santa è Cristo Signore. Ma chi ne celebra la commemorazione liturgica, per attingere alle sorgenti della salvezza, è la sua Chiesa.
La prospettiva specifica della liturgia celebrata nei giorni della Settimana santa illumina il rapporto tra Cristo e la Chiesa?
Certamente. Si potrebbero dare, a tale proposito, molte risposte. Ma forse una, in modo particolare, può essere considerata la più ricca ed esaustiva dal punto di vista spirituale e liturgico: il rapporto sponsale. Infatti, per usare un’espressione che da San Paolo nella Lettera agli Efesini attraverserà tutta la tradizione cristiana, Cristo è lo Sposo della Chiesa e la Chiesa ne è, dunque, la Sposa. Questa è la prospettiva peculiare secondo la quale la nostra Chiesa rivive, nella liturgia, i fatti della Pasqua di Cristo.
In questa logica la Settimana – non a caso detta «autentica», in quanto esemplare – viene sottratta alla cronaca?
La liturgia non è cronaca. Chi, attraverso la celebrazione liturgica, ripercorre le tappe cronologiche di quei momenti cruciali è per l’appunto la Chiesa, cioè la Sposa, che rivive con emozione, coinvolgimento e tensione gli ultimi giorni della vita terrena del proprio Sposo, Gesù. È proprio questa prospettiva che permette di interpretare correttamente alcune caratteristiche tipiche della liturgia ambrosiana del Triduo pasquale, educando nel contempo i fedeli a vivere le celebrazioni della Settimana santa non come spettatori di una sacra rappresentazione, ma come protagonisti di un dramma, in quanto membra vive della Chiesa. E così nella Messa del Giovedì santo sera la Chiesa Sposa è chiamata a condividere la notte dell’Eucaristia e dell’agonia. Al Venerdì santo la Sposa accompagna il suo Signore fino al Calvario, ne contempla la morte salvifica ed entra in una specie di lutto, di “stato di vedovanza”, avendo fatto esperienza della perdita dello Sposo. Ma la Chiesa non è una vedova disperata, è Sposa fedele e fiduciosa e, infatti, sorretta dalla speranza e dalla Parola di Dio, nella Veglia pasquale ritrova Cristo Signore risorto.