Alle 12.30 momento di raccoglimento in favore della pace e del dialogo presieduto dall’Arcivescovo, presente una comunità di monaci buddisti. Diretta tv e web

di monsignor Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale

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La Diocesi di Milano e il suo Arcivescovo monsignor Mario Delpini intendono unirsi e rafforzare la catena di preghiera che in tutto il mondo si eleva perché in Myammar sia posta fine alla situazione di tensione e di guerra, e il popolo birmano possa tornare a vivere un clima di pace di fratellanza. La spirale della violenza non sembra avere più freni, come ci mostrano le immagini – proprio di questa settimana – di una chiesa non rispettata nel suo carattere simbolico di luogo di asilo e di rifugio, ma bombardata e trasformata in luogo di morte.

Di fronte a un odio che cancella la nostra dignità di persone umane – fratelli e sorelle, come ci ricorda papa Francesco – i cristiani reagiscono con la forza della preghiera, della solidarietà e della testimonianza. Ci troveremo in Duomo alle 12.30 sabato 29 maggio (diretta su Chiesa Tv – canale 195 del digitale terrestre, www.chiesadimilano.it e sul canale Youtube / chiesadimilano.), per elevare una preghiera di intercessione che leghi ancor più il nostro futuro, ricordando la nostra reciproca responsabilità nel custodire il destino di pace e di felicità a cui aspira ogni popolo sulla terra. Accoglieremo come graditi ospiti una comunità di monaci buddisti: figli anche loro del popolo birmano, sosterranno con il loro silenzio e la loro meditazione la preghiera cristiana. Anche i cristiani sosterranno con il loro silenzio e la loro meditazione la preghiera elevata dai monaci.

Vogliamo tutti essere segno del destino di pace che Dio ha posto come meta del cammino dell’umanità, e che come cristiani ci sentiamo impegnati a custodire e a sostenere. Con l’Arcivescovo tutti pregheremo perché «dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam!».

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