In Duomo l'Arcivescovo ha presieduto i funerali del Vescovo emerito scomparso il 20 dicembre, «esemplare anche negli ultimi tempi della sua dolorosa malattia»
di Annamaria
BRACCINI
«Ora monsignor Stucchi canta il cantico del credente, felicità e grazia per tutti i giorni della vita terrena che è finita e della vita di Dio che è eterna. Ora canta il cantico a Gesù buon pastore, non solo per esprimere il suo affidamento, il suo esemplare consegnarsi, anche negli ultimi tempi della dolorosa malattia, ma per dire a ciascuno di noi di cantare il cantico del discepolo perché una sola cosa è importante in tutta la vita: essere discepoli di Gesù». Queste le parole, solcate dal rimpianto per la scomparsa di un «confratello e prezioso collaboratore», con cui l’Arcivescovo ha ricordato il Vicario episcopale emerito, monsignor Luigi Stucchi, tornato alla Casa del Padre il 20 dicembre scorso (leggi qui la sua omelia).
E certamente il vescovo Stucchi «discepolo» lo fu per tutta la vita, nel corso dei suoi tanti e prestigiosi incarichi ricoperti nella e per la Chiesa ambrosiana, come ha detto ancora l’Arcivescovo nell’omelia delle esequie da lui presiedute in Duomo e concelebrate dai Vescovi delle Diocesi lombarde – tra cui il cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como -, dai membri del Consiglio episcopale milanese, dai Canonici del Capitolo metropolitano e da molti sacerdoti. Tanti i fedeli presenti, tra cui in prima fila i familiari, i sindaci di Sulbiate – dove monsignor Stucchi era nato il 17 agosto 1941 -, Valmadrera (con i rispettivi gonfaloni) e Tradate (cui era molto legato), i rappresentanti del Comune di Milano (il consigliere Matteo Forte con la fascia del Primo cittadino) e della Regione. Tutti riuniti per un saluto, nella preghiera, insieme solenne e affettuosa, avviatasi con il feretro accolto sul sagrato e deposto ai piedi dell’altare maggiore, con sopra il Vangelo aperto alla pagina della Risurrezione.
Il messaggio del cardinale Scola
In apertura del rito monsignor Delpini, ha letto il messaggio del cardinale Angelo Scola, Arcivescovo emerito di Milano (leggi qui). «La figura pacifica di monsignor Stucchi portava serenità, così come i suoi giudizi riflettuti e sempre mossi da un grande amore alla Chiesa, ai sacerdoti, ai fedeli e soprattutto all’Arcivescovo sono stati di grande aiuto per il nostro cammino comune», ha scritto il Cardinale, ricordando la spiritualità e lo «speciale coinvolgimento di monsignor Stucchi con i laici nell’impegno sociale e politico» e «la sua spiritualità». Un pensiero anche per la loro lunga amicizia, «incominciata dalla sua presenza a Valmadrera e a Lecco e intensificatasi nel periodo dell’Episcopato milanese».
Poi l’incensazione e la benedizione della bara, la lettura dei brani della Passione secondo Luca, Matteo e Giovanni – tradizionali per le esequie dei sacerdoti – e la riflessione dell’Arcivescovo.
«Discepolo del buon pastore»
«Nel dramma della passione, nello strazio dell’ultimo grido, nello spettacolo desolante di una umanità meschina che discute di privilegi e di primi posti, ecco un cantico. Forse alla sapienza del mondo, forse allo scetticismo della cultura depressa del nostro tempo può sembrare paradossale che alle lacrime si mescolino parole di lode e di benedizione». Quelle, appunto, del cantico del discepolo che «segue il Signore, il buon pastore», anche se «il cammino talora si perde nella confusione e ci sono momenti in cui la vita sembra un enigma insolubile. Ma il discepolo non ha la presunzione del protagonismo, piuttosto pratica la docilità della sequela». Chiaro il riferimento a monsignor Stucchi: «Il discepolo segue il maestro, anche quando il Maestro lo invia. Non diventa mai maestro, sempre discepolo. E ogni giorno continua la missione che gli è stata affidata: la missione di dare pace, di offrire il perdono di Dio, di aiutare i fratelli e le sorelle a seguire il buon Pastore che chiama. Il discepolo diventa interlocutore di altri discepoli, si fa carico del loro cammino, rianima le loro stanchezze, orienta le loro scelte. È solo un discepolo, ma si lascia ispirare dallo Spirito di Dio. Ecco che cosa canta il discepolo la mensa offerta a tutti, anche ai nemici».
Da qui la conclusione: «Che cosa si può dire di monsignor Luigi Stucchi? I suoi incarichi sono noti, la qualità della sua dedizione ci ha tutti edificati, la presenza anche dei sindaci dice della riconoscenza che si è guadagnato nelle diverse tappe della vita e del suo ministero, ma, forse, basta dire così: è stato un discepolo».
Al termine della celebrazione, nella quale è stata distribuita una foto ricordo predisposta dalla parrocchia di Tradate, il feretro, accompagnato sul sagrato dall’Arcivescovo, dai Vescovi ausiliari e dai membri del Cem, ha lasciato Milano per giungere nel pomeriggio appunto a Tradate dove, alle 15, si svolgerà una seconda celebrazione di esequie e la tumulazione nel cimitero locale.
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