In Duomo si sono svolte le esequie del sacerdote che per oltre 25 anni ha guidato il Collegio San Carlo. Moltissimi gli allievi, i genitori e i docenti presenti ai funerali, presieduti dal vicario generale monsignor Mario Delpini. Il messaggio di Scola: «Ci ha lasciato un grande educatore»

di Annamaria BRACCINI

Geranzani

Un uomo buono, un  educatore che ora vive «in paradiso, nel distaccamento del suo Collegio San Carlo», ma soprattutto, e prima di ogni altra cosa, un prete.

Le esequie di monsignor Aldo Geranzani, scomparso lunedì sera all’età di 71 anni dopo una lunga e dolorosa malattia, sono in Duomo, dove era diventato sacerdote nel 1970. Da allora tanta strada, prima in una delle zone più difficili di Milano, nella parrocchia di Santa Maria in Chiesa Rossa (allora, diceva scherzando, «il Bronx»), poi, appunto, alla guida del prestigioso Istituto San Carlo, voluto nell’incarico di rettore (1990) dal cardinale Martini, che evidentemente aveva visto giusto. E così, in un pomeriggio triste, nebbioso e piovoso, nella Cattedrale c’è tanta luce, una massa di giovani, di allievi, di genitori, docenti, amici e confratelli presbiteri: 54 per l’esattezza, tra cui 5 Vescovi che concelebrano i funerali, presieduti dal Vicario generale, monsignor Mario Delpini. La bara coperta di rose bianche, adagiata more nobilium ai piedi dell’altare maggiore, entra tra le navate nel silenzio salutata dalle lacrime di molti. In prima fila ci sono le sorelle, i nipoti, il sindaco di Bollate Farncesco Vassallo (Geranzani era bollatese) e la vicesindaco di Milano, Anna Scavuzzo, autorità civili e militari.

A tutti si rivolge il messaggio del cardinale Scola (in allegato) letto dal Vicario episcopale per la Pastorale scolastica e giovanile monsignor Pierantonio Tremolada. «Don Aldo – scrive l’Arcivescovo – ci ha lasciato proprio alla vigilia della memoria di San Giovanni Bosco: è una coincidenza significativa che segna la sua grande passione educativa, iniziata quando era coadiutore e continuata con sempre maggior slancio come Rettore del Collegio a cui diede tutto se stesso. Innovativo e deciso, ma sempre paterno e accogliente, con spirito lungimirante e notevoli capacità organizzative seppe dare impulso alla “sua scuola” rendendola nota in tutto il mondo grazie agli ex-alunni. Il San Carlo era la sua casa, i suoi alunni, che conosceva per nome, erano come suoi figli. Non possiamo inoltre non ricordare la sua profonda conoscenza della società milanese e la grande apertura nei confronti dei migranti, per i quali aveva creato borse di studio senza guardare alla provenienza dei richiedenti»

Parole che ritornano nell’omelia di monsignor Delpini dopo le Letture: come sempre, nell’occasione di esequie per un sacerdote, brani della Passione di Luca, di Matteo e di Giovanni. «Il prete è un mandato. Per questo è mandato un prete: per dire “ti sono rimessi i peccati!” Cioè: tu sei amato, tu sei amabile, Gesù mi ha mandato per liberarti dal peso che ti opprime, per offrirti l’abbraccio che ti salva. Il peccato non è infatti una macchiolina che sporca l’anima, non è lo sgarbo di una sbadataggine, ma è l’estraniazione da Dio, è la radice della tristezza, è il groviglio di schiavitù e di dipendenze che inducono a perdere la stima di sé e a sentirsi condannato a una solitudine irrimediabile. Ecco perché è mandato un prete: per dire, in nome di Dio, “il tuo peccato è perdonato, vieni fuori dalla tua tomba, deponi il peso che intralcia la tua libertà, ascolta la parola amica che ti rivela la stima che Dio ha per te, la bellezza che Dio riconosce in te”».

Da qui la conclusione: «Un prete è un uomo che è mandato e il suo mandato è condividere la missione di Gesù, perdonare i peccati, restituire agli uomini e alle donne la stima di sé e rivelare l’intenzione di Dio di essere alleato della gioia dei suoi figli. Ecco perché noi oggi siamo radunati per condividere la tristezza di un distacco e proclamare la gratitudine di un dono ricevuto. Perché don Aldo è stato un prete. Lo ricorderemo per molte qualità e per una dedizione che ha segnato la vita del Collegio con lungimiranza, intraprendenza e leadership, ma tutto ha fatto perché era un prete, un educatore, un prete felice e, dopo il calvario della malattia così dolorosa e tribolata, è entrato nella pienezza della gioia e continuerà a essere per molti il sorriso incoraggiante, la parola affettuosa, la presenza amica».

Poi, a conclusione della celebrazione, ancora la lettura del telegramma del cardinale Ravasi che cita il profeta Daniele: «I sapienti risplenderanno come lo splendore del firmamento» e ricorda la sua lunga amicizia con monsignor Geranzani: «Mi colpiva sempre come riconoscesse, passando per i corridoi del San Carlo, ogni volto, ogni storia» e l’accorata memoria di padre Sergio Formenti, collaboratore stretto di don Aldo: «Ricordo quando sei arrivato in bicicletta dalla Chiesa Rossa – dice commosso dando del “tu” allo scomparso confratello -. Ha ragione monsignor Delpini, eri un prete, solo e prima di tutto un prete. Grazie don Aldo». Infine l’uscita dalla Cattedrale tra gli applausi e l’ultima benedizione sul sagrato circondato dall’affetto.

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