Don Paolo Fontana, responsabile diocesano del Servizio pastorale, illustra i contenuti e la finalità del convegno del 13 novembre: «Della persona ci si prende cura con i farmaci, ma anche con la presenza e l’ascolto»

di Annamaria Braccini

ministri straordinari

Un incontro per i Ministri straordinari della Comunione eucaristica collegato ai temi della salute e della malattia, che intende comunque rivolgersi a quanti, a diverso titolo, sono impegnati nel mondo della cura e del prendersi cura. A spiegare il senso del convegno che si svolgerà nella mattinata di sabato 13 novembre, presso il Salone Pio XII della Casa cardinale Ildefonso Schuster (via Sant’Antonio 5, Milano) è il responsabile del Servizio diocesano dalla Pastorale della salute, don Paolo Fontana: «Questo è l’ultimo di una serie di incontri che abbiamo realizzato per i Ministri straordinari, cercando di offrire loro una possibilità di formazione nel campo del rapporto con i sofferenti. È l’ottavo anno che proponiamo questa iniziativa, anche se nel 2020, a causa del Covid, abbiamo dovuto sospenderla. Adesso riprendiamo e ne siamo molto contenti».

Qual è l’obiettivo dell’assise che, oltre alle relazioni (tra cui quella del Vicario di settore, monsignor Luca Bressan), prevede anche testimonianze e una tavola rotonda?
Come Pastorale della salute vogliamo aiutare sempre più e meglio i Ministri straordinari a incontrare il malato. Quindi offriamo loro una possibilità di riflessione e di conoscenza di esperienze vissute, certo portando l’Eucaristia, ma anche offrendo consolazione, ascolto, dialogo, relazione, accompagnamento del malato e della sua famiglia. Ci rivolgiamo ai Ministri straordinari della Comunione eucaristica, tendendo a una formazione particolare perché diventino sempre di più ministri della consolazione.

Questa finalità si lega al titolo dell’incontro, «Causa della nostra gioia», dove la parola «gioia» richiama immediatamente la Proposta pastorale di quest’anno…
Senza dubbio. Intendiamo sottolineare, come ho già detto, l’aspetto di consolazione che ricorda la letizia a cui l’Arcivescovo ci esorta, ma anche il dono della presenza del Risorto quando i discepoli «gioirono al vedere il Signore». Infine il titolo fa riferimento alle Litanie lauretane, nelle quali Maria è definita «causa della nostra gioia». Una costellazione di significati che nel convegno vogliamo custodire e approfondire.

Stiamo vivendo un momento di ripartenza, anche se non senza preoccupazioni. Secondo lei la pandemia ha insegnato qualcosa, specie nell’ambito della cura?
Certamente sì. Ci ha permesso di capire quanto è importante curare il corpo, avendo visto come questa pandemia metta a dura prova l’organismo, ma come sia indispensabile, al contempo, prendersi cura di tutto l’uomo. Pensiamo a quanto ci ha insegnato, drammaticamente, dover stare lontani: essere distanti, soprattutto per il malato, è una grande sofferenza che coinvolge anche familiari e amici. Della persona ci si prende cura con i farmaci, ma non solo, anche con la presenza e l’ascolto.

Da tempo la Diocesi ha intrapreso un cammino di formazione che riguarda non solo medici, infermieri, personale e cappellani, ma tutti gli «attori» nell’universo della salute. I frutti di questa formazione si sentono?
La nostra Chiesa e, più globalmente, tutte le Diocesi lombarde si fanno carico, ormai da alcuni anni, della formazione vòlta ad approfondire quella che potremmo chiamare una spiritualità nella cura, con un accompagnamento nel mondo della salute che sia davvero a 360 gradi. Per questo è stato avviato un Master universitario di primo livello di cui si fa carico la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, unitamente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Milano, con il contributo appunto di tutte le Diocesi lombarde e, per la nostra, del Servizio di Pastorale della salute. Direi che le ricadute ci sono e che la sensibilità su questi temi sta aumentando: è un cammino che abbiamo iniziato e che, credo, potrà solo crescere.

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