Il cardinale Angelo Scola e il teologo islamico Adnane Mokrani si sono confrontati sul tema, “Cristiani e musulmani: fede e libertà dentro la città plurale”. Il dialogo, uno degli eventi che ha rappresentato la Diocesi a “Tempo di Libri”, è avvenuto nella giornata dedicata a Milano

di Annamaria BRACCINI

scola tempo di limbri 2018 (F)

Il rapporto tra fede e libertà è la questione cardine, oggi, quando si parla di dialogo con l’Islam o, meglio, con i tanti e diversi Islam? Forse anche più del terrorismo? E quale è la ricaduta di un tale dibattito in una città plurale come Milano?
Per cercare di capire meglio le problematiche connesse a questi temi, viene presentato a “Tempo di Libri” l’ultimo numero della Rivista “Oasis” – dal titolo “Musulmani, fede e libertà” -, home instrument della Fondazione omonima, fondata all’inizio degli anni 2000 dal cardinale Angelo Scola.
Infatti, con la moderazione della direttrice del semestrale, Rolla Scolari, sono appunto l’Arcivescovo emerito di Milano e Adnane Mokrani, del Pontificio Istituto di Studi arabi e Islamistica, a dialogare su “Cristiani e musulmani: fede e libertà dentro la città plurale”.
Nell’affollato incontro, che fa parte dei tre interventi che rappresentano la Diocesi durante la giornata dedicata a Milano, si parte proprio dal concetto di libertà.

La riflessione del Cardinale

«La libertà ha influsso da millenni sull’umanità, da quando l’uomo, che è un enigma perché ha sempre ha che fare con un Oltre e un Altro, se ne è reso conto», osserva in apertura il Cardinale.
«Le rivolte del 2011 sono state un grido di liberazione che non ha trovato la strada della libertà e, così, il terrorismo ha potuto rialzare la testa. Ecco perché ora, in un momento in cui il jihadismo subisce diversi rovesci, è importante tornare ad affrontare il senso del vivere e, quindi, della libertà. In questo modo si toglierà il terreno sotto i piedi al terrorismo».
Certo – riconosce Scola -, non è facile realizzare ciò in ambito musulmano perché «come si fa a riflettere sulla libertà religiosa con una spada sguainata sul capo e sui limiti del potere politico in uno Stato di polizia?», si chiede.
Eppure, ed è noto, quello che l’uomo non può fare pubblicamente, a livello di protesta e opposizione nel mondo islamico e delle dittature in genere, lo fa in segreto o su internet. Esiste, quindi, sottotraccia e nascosto, un dibattito che fa ben sperare.
«Cristiani e musulmani dovrebbero iniziare un confronto in un simile contesto», suggerisce l’Arcivescovo emerito, «con l’approfondimento della libertà non solo in senso politico e religioso, ma a partire dalla sostanza stessa di questa categoria, ponendosi già dal Medioevo, nei secoli VII e VIII, la questione della libertà in termini di libero arbitrio e di predestinazione».
Non manca il richiamo a coloro che, immancabilmente, dicono che le urgenze, nel rapporto tra cristianità e Islam, sono altre, «dimenticando che non interrogandoci sulla questione centrale del senso, siamo arrivati sull’orlo della Terza guerra mondiale a pezzi».
Di fronte a tutto questo «non si possono più dare per scontate espressioni banali e a noi cristiani è chiesto di liberarci dal pregiudizio della laicità che metterebbe d’accordo religione e politica». Anche perché l’attuale fatica delle democrazie e della vita sociale, «trasmette tutto tranne un senso di successo e questo dovrebbe far riflettere», scandisce ancor il cardinal Scola.
Un allarme al quale si aggiunge l’attuale difficoltà dei cristiani a proporre una testimonianza, personale e comunitaria, che non si limiti al buon esempio.
«Possibile che di fronte a un liberismo che si avvita su se stesso, non si vada oltre l’enunciazione di principi? Che di fronte alla colonizzazione ideologica, riguardo a elementi come il gender, i cristiani balbettino solo il dissenso, ridotti a un’insignificanza culturale?
Prima di accomodarci in una tale posizione, si impone chiedersi se sia una strada tracciata da Dio o colpa nostra».
Il riferimento è alla bella risposta data con l’indizione del Sinodo minore “Chiesa dalle Genti” che domanda a tutti di interrogarsi su come deve cambiare la vita della nostra Chiesa a partire, appunto, dalla pluralità di genti. «Non è un problema di integrazione, ma di ricomprensione di ciò che siamo e di ritrovamento del volto originale di Mediolanum, Milano città plurale, con la sua capacità propositiva. La metropoli ha delle carte da giocare certamente più forti e potenti rispetto di altre capitali europee, proprio per la domanda di senso che propone in vista della costruzione della vita buona nelle nostre società», conclude il Porporato.
L’intervento del teologo Mokrani
Dal tema dell’ultimo numero di “Oasis” si avvia anche la comunicazione di Mokrani che torna alle vere domande delle Primavere arabe, «come esigenze di valori che attraversano le culture con un linguaggio universale».
«Uno scrittore siriano ha intitolato un suo libro, “La rivoluzione impossibile”, ma le rivoluzioni ci sono state: semmai, forse, non abbiamo ascoltato abbastanza le istanze pacifiche del popolo. La religione non può offrire o indicare un sistema politico o economico. Una seconda cosa che non può dare è la legge nel nome di Dio, se non è presentata in modo convincente e razionale, esprimendo la sovranità del Parlamento e del popolo. La religione può, invece, offrire una visione etica, eppure la sua missione è più profonda e sta nella capacità di trasformare la persona. Una missione educativa – questa -, pedagogica, sociale che insegna al cittadino a mettersi a servizio». Ma la religione stessa può educare i religiosi al pensiero critico? «Sì,se riscopre la propria missione, altrimenti lo Stato religioso crea solo ipocrisia costringendo le persone a vivere in modo diverso il privato e il pubblico».
Infine, due ultime risposte sugli esempi che possono venire dalle democrazie occidentali.
Se, per Scola, «la sfida del dialogo può diventare un elemento-motore andando alle radici della questione, ossia alla domanda del “per chi” viviamo, altrimenti il peso delle nuove scienze e scoperte creerà ulteriore smarrimento», per lo studioso tunisino – che porta alcuni esempi positivi nel suo Pase di origine -, «il non avere destini separati, rende evidentemente importante l’Europa per le democrazie del Medio Oriente».

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