Alla vigilia di san Giovanni Battista, l’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione per il Sovrano Militare Ordine di Malta di Lombardia
di Annamaria
Braccini
Un «san Giovanni speciale perché è la prima ricorrenza della nascita del nostro santo patrono che, dopo anni, celebriamo avendo nuovamente alla guida un Gran Maestro e un governo nella pienezza delle rispettive funzioni. Ed è ancora più speciale per l’Ordine di Malta in Lombardia perché a celebrare questo Rito eucaristico è l’Arcivescovo di Milano che è stato accolto nel nostro Ordine come Cappellano Gran Croce ad honorem».
Così Niccolò d’Aquino di Caramanico, delegato lombardo del Gran Priorato di Lombardia e Venezia del Sovrano Militare Ordine di Malta, ha salutato il vescovo Delpini all’inizio della liturgia nella vigilia della festa della natività di san Giovanni Battista il Precursore. Nella basilica di Santa Maria della Passione ci sono cavalieri e dame della Delegazione Smom, appartenenti al Cisom, il Corpo di soccorso e Protezione civile, il Corpo militare del Sovrano Ordine, il cappellano capo per la Provincia, monsignor Marco Navoni, padre Giacomo Sala (cappellano del Cisom) e altri presbiteri tra cui don Marco Cianci per l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. Non mancano le autorità civili con la vicesindaco di Milano, Anna Scavuzzo (molte sono le iniziative assistenziali e caritative dell’Ordine promosse con il patrocinio del Comune), l’ambasciatore Veronica Crego Porley, decana del Corpo consolare a Milano e console dell’Uruguay, rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri.
A tutti, in riferimento al vangelo di Luca con l’annuncio a Zaccaria della nascita del figlio Giovanni, si rivolge l’Arcivescovo che indossa la croce a otto punte tradizionale dell’Ordine.
Custodire la fedeltà
«Zaccaria, uomo devoto e irreprensibile, fedele al suo compito sacerdotale, si rivela incredulo di fronte all’annuncio sorprendente e alla promessa dell’inviato di Dio. Il giudizio dell’angelo è severo e il castigo inflitto è pesante». Con la condanna al mutismo finché l’annuncio non si compirà, spiega il vescovo Delpini. «Ecco una rivelazione incoraggiante e inattesa che può arrivare anche per noi come consolante. La promessa si compie anche nella vita e nella casa dell’uomo miscredente. Il nome del figlio del miscredente sarà Giovanni: dono di Dio. Si comprende, dunque, che l’incredulità dell’uomo non rallenta l’attuarsi del progetto di Dio. Con questa esperienza di sovrabbondanza possiamo pregare con fiducia la preghiera dei cavalieri e delle dame dell’Ordine di Malta – che viene proclamata al termine della celebrazione – dove si dice “aiutami a restare fedele alle tradizioni del nostro ordine”. La fedeltà non è l’inerzia, volontarismo, esibizionismo per dimostrare di essere forti, eroi, ma è un dono da invocare nella preghiera, da sperimentare come grazia, da custodire con timore».
E se «non è sorprendente che anche noi possiamo vivere il momento del dubbio, delle domande e che coloro che seguono Gesù attraversino momenti in cui la fede è messa alla prova», ciò che conta è appunto la fedeltà, «continuando a compiere la missione e lasciandoci sorprendere da quanto bene vediamo intorno a noi», suggerisce il Vescovo.
Ascoltare la Parola
«L’Ordine di Malta è un ordine di discepoli di Gesù chiamati a essere perseveranti nella sequela. Laddove si usano giudizi categorici sul tempo in cui viviamo e la nostra società descrive tutto il mondo come un grigiore, noi continuano a essere testimoni della presenza del regno. L’impegno a essere fedeli difendendo la verità cristiana e la Chiesa cattolica non è senza fallimenti, non si misura con i successi o gli applausi, ma con la coerenza. Ciò che importa è la nostra fede e non la nostra soddisfazione».
Ma come camminare e perseverare nella fede, si chiede il Delpini. «Lasciandoci condurre dalla Parola. Zaccaria non ha potuto parlare per 9 mesi perché non aveva creduto alla parola affidabile».
Da qui l’insegnamento anche per un oggi fatto di tanti rumori e voci che spesso non lasciano spazio alla riflessione. «Forse anche noi dovremmo tacere per un poco e ascoltare la Parola non come gente sicura, che sa già, ma come gente che ascolta e che ha bisogno di tanto pensiero. E fare silenzio per ascoltare meglio, perché la Parola entri più profondamente, per avere alla fine qualcosa da dire».
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