In Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto la Messa in suffragio dei sacerdoti, diaconi, religiose e consacrati morti quest’anno. Un pensiero di memoria grata, a partire dall'invito del Signore: «Venite a me».
di Annamaria
Braccini
«La nostra piccola assemblea, arricchita da questo coro di nostri fratelli e sorelle che stiamo ricordando insieme con l’immenso coro dei credenti, ci aiuta sperare, a credere e a vivere».
È un pensiero di memoria grata quello che l’Arcivescovo esprime, a nome di tutta la Chiesa ambrosiana, presiedendo nella cappella feriale del Duomo la celebrazione di suffragio per i presbiteri, i diaconi permanenti, le religiose, consacrate e consacrati morti dal primo giugno 2022. Messa che, nella vigilia della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Giornata della Santificazione sacerdotale, è concelebrata da 4 vescovi, tra cui il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, da altri membri del Cem, dai Canonici del Capitolo metropolitano della Cattedrale con l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo, e da una ventina di sacerdoti. Tutti riuniti, insieme ai fedeli e a molte religiose appartenenti a diverse Congregazioni, per ricordare coloro che ci hanno lasciato in questo ultimo anno, a partire dai sacerdoti diocesani, i cui nomi vengono letti in apertura dal Moderator Curiae, monsignor Bruno Marinoni. 7 defunti per la Zona pastorale I, 9 per la II, tra cui il vescovo monsignor Luigi Stucchi, 6 per la III, 7 per la IV, 9 per la V, 4 per la VI e 1 per la VII, cui si aggiungono altri presbiteri ambrosiani, ma morti in altre Diocesi, come il vescovo monsignor Gervasio Gestori. E, poi, i religiosi e le religiose, gli appartenenti a Istituti secolari.
Dalla pagina del Vangelo di Matteo al capitolo 11, con l’invito del Signore “Venite a me”, si avvia l’omelia del vescovo Mario.
Seguire il Signore nella vita e nella morte
«Nel lungo elenco dei nomi ricordati all’inizio, che mi ha portato con la mente qua e là a tante storie e vicende dolorose ed edificanti, rimango come smarrito», ha spiegato l’Arcivescovo, «e mi piacerebbe trovare una parola che unisca tutto e tutti, la nostra vicenda personale, la vita transitoria con la vita eterna».
Quella parola «piena di fascino» che è, appunto, il “Venite a me” rivolta a ciascuno da Gesù.
«Abbiamo ascoltato questa parola e siamo venuti con la nostra fragilità, le doti e i limiti che abbiamo. La nostra giovinezza è stata visitata da questo invito e noi siamo venuti con il nostro entusiasmo, il desiderio di seguire il Signore, trovando una strada che dà senso e una direzione alla vita». Magari, nota ancora il vescovo Mario, anche «con quelle fatiche ed esitazioni che, forse in qualche momento, ci hanno fatto nascere il dubbio se stavamo veramente facendo ciò che vuole il Signore e se fosse questa la strada della gioia. Ma abbiamo ancora sentito questa voce e siamo andati».
«Questa stessa parola è stata rivolta alle sorelle e ai fratelli che vogliamo suffragare e possiamo dire che anche loro hanno ascoltato la parola del Signore e che hanno seguito il Maestro anche nella morte. Alcuni attraversando il grande abisso per strade dolorose, con lunghe pene anche di anni, sono approdati alla gloria di Dio, altri, improvvisamente, in un momento in cui nessuno pensava che fossero pronti a morire. Eppure anche in questo trauma, in questa tragedia prematura, si è fatto vicino il Signore ed è risuonata la sua voce – “Vieni a me” – e sono andati».
Una parola che è rivolta anche a noi e che, forse, ci raggiunge «in un momento in cui siamo ripiegati su noi stessi, stanchi, scoraggiati perché sentiamo inadeguato il nostro donarci rispetto alle richieste del Vangelo e della carità. Ma noi veniamo. Così anche la schiavitù, che talvolta sentiamo opprimente, si rivela come un’occasione per ascoltare questa parola e metterci in cammino».
«In questo momento della storia della Chiesa, della vicenda del nostro Clero, della situazione dei nostri Istituti, quando ci sembra di vivere un declino inarrestabile, ascoltiamo questa voce e, allora, possiamo ritrovare la freschezza degli inizi, l’amore che ci ha attirato, la bellezza di una vita dedicata al Signore».
Un «sì a Gesù» che si fa preghiera e invocazione nel canto corale delle Litanie dei Santi e nell’intera celebrazione.
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