In Duomo si è svolta la celebrazione del 1° gennaio, 56esima Giornata mondiale, preceduta dalla marcia «Pace in tutte le Terre»

Messa pace 2022

di Annamaria Braccini

«Anche a noi è chiesto oggi di non essere timidi, di camminare dentro le fatiche della storia, di prendere coraggio e impegnarci nella costruzione di pratiche e politiche che custodiscono e promuovono il dono della pace. Siamo chiamati a fare nostro l’invito del nostro Arcivescovo, nel suo ultimo Discorso alla città: “Non possiamo lasciarci rubare la speranza: crediamo alla promessa della vocazione alla fraternità di tutti gli abitanti del pianeta. Non possiamo rinunciare al realismo: percorriamo e incoraggiamo a percorrere le vie della diplomazia, della preghiera, della reazione popolare alla guerra, agli affari sporchi che la guerra favorisce. Non possiamo rinunciare alla ragionevolezza che convince dell’assurdità della guerra e scuote dall’assuefazione. Non possiamo rinunciare al desiderio dell’incontro, della conoscenza, dell’amicizia tra i popoli, consapevoli che gli altri ci sono necessari”».

Nel primo giorno dell’anno, 56esima Giornata mondiale per la pace, è il vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale, monsignor Luca Bressan a ricordare l’impegno e il dovere, per tutti, di essere «operatori e artigiani di pace». Così come si è intitolata la sua omelia nella tradizionale celebrazione eucaristica svoltasi in Duomo, presieduta dal vicario generale, monsignor Franco Agnesi e concelebrata da diversi sacerdoti tra cui il vescovo monsignor Giuseppe Merisi e don Danilo Bessi, legato alla Comunità di Sant’Egidio.

Comunità che, come ormai da anni, aveva promosso, nel pomeriggio, la marcia “Pace in tutte le Terre”, alla quale hanno aderito molte associazioni e che ha visto la partecipazione di tanta gente, dei rappresentanti del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano e di alcuni profughi che hanno portato la loro testimonianza, in particolare da Ucraina, Afghanistan, Siria e Mali. Tra i manifestanti – entrati, a conclusione della marcia, tutti in Duomo portando i cartelli con i nomi dei Paesi in conflitto -, anche i rifugiati giunti con i corridoi umanitari, per non dimenticare che, oltre l’Ucraina, ci sono ben altri 23 conflitti nel mondo attivi ad alta intensità, come si è drammaticamente evidenziato nella lettura del triste elenco dei Paesi in guerra.

La guerra, una sconfitta per l’umanità

Un segno importante «in questo primo giorno dell’anno mentre – dice il Vicario episcopale, aprendo la celebrazione -, «sentiamo nostra l’acuta constatazione di papa Francesco, nel suo messaggio per la 56a Giornata: “Non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo”. La guerra in Ucraina, insieme a tutti gli altri conflitti, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. E mentre per il Covid-19 siamo riusciti a trovare un vaccino, per la guerra non si riesce a trovare energie e risorse per mettere in atto soluzioni adeguate. Siamo qui riuniti, cristiani in preghiera, cattolici ovvero tutti insieme. Tradizionalmente in questa data il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano si stringeva attorno al vescovo di Milano, per elevare un’unica grande preghiera e invocazione di pace. Quest’anno viviamo questa riunione in modo spirituale, legati al nostro Arcivescovo in Camerun e a tutte le altre Chiese cristiane di Milano», spiega ancora Bressan che è anche presidente della Commissione diocesana per l’Ecumenismo e il dialogo.

Chiarissimo, il riferimento alla necessità di farsi, quindi, costruttori di pace che torna nell’omelia.

L’augurio e l’invocazione della pace

«Beati i costruttori di pace. Questa beatitudine evangelica è il migliore saluto e il migliore augurio che, come cristiani, ci possiamo scambiare all’inizio del nuovo anno. È stato il saluto e l’augurio che hanno rivolto al mondo Papi che ora veneriamo come santi: Giovanni XXIII e Paolo VI. È stato il saluto che ci ha rivolto 10 anni fa, anche papa Benedetto XVI, che ricordiamo con gratitudine e che accompagniamo con la preghiera nel suo ingresso nella Casa del Padre».

Parole, queste, da leggere, per monsignor Bressan, anche come «un’invocazione». «La Cattedrale in cui stiamo celebrando è testimone di momenti intensi di preghiera e di azione per la pace, come lo scorso 20 novembre. Momenti che hanno visto insieme cristiani di tutte le Chiese, cristiani che i conflitti in atto vedono schierati su fronti diversi e contrapposti». Eppure, anche se – ha aggiunto – «le nostre parole di pace risuonano deboli, sovrastate dagli echi dei conflitti che rendono visibile l’inquinamento generato dai peccati di noi tutti, in questo grande clima di frastuono e stordimento, si rende visibile il dono che Dio ci ha fatto, il suo amore fatto carne, il Figlio di Dio che è venuto tra noi».

Quel dono che Maria custodisce in silenzio, quel segreto che fu del popolo di Israele e che indica l’apostolo Paolo.

«In epoca di personal trainers, di palestre ed esercizi grazie ai quali custodire la forma del proprio corpo e della propria salute, Paolo ci indica l’allenamento e gli esercizi per custodire il dono della pace: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù”».

Per questo è necessario «non essere timidi» nell’operare per una pace sempre possibile, come disse Benedetto XVI, commemorando il 50esimo anniversario dell’enciclica Pacem in Terris, il cui auspicio Bressan cita. «La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo alla edificazione di un mondo nuovo. Chiediamo a Dio che illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il prezioso dono della pace».

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“Pace in tutte le Terre”

Un invito, ribadito dal Vicario generale, mons. Agnesi, al termine della celebrazione. «Siamo qui un popolo che rappresenta la Chiesa dalle genti, in modo pieno, sia per le provenienze, i cammini compiuti, le responsabilità diverse, per le storie che ciascuno porta con sé e che abbiamo condiviso in questa Eucaristia che ci deve accompagnare nella vita, nel lavoro, nella città dove abitiamo».

Nel cuore della Milano, appunto, attraversata dalla marcia «Pace in tutte le Terre», partita da piazza Santo Stefano e terminata in piazza Duomo, dopo aver sostato presso la chiesa di San Vito al Pasquirolo, dove sono intervenuti una donna ucraina, che ha ricordato il dramma della nazione invasa e bombardata, e padre Ambrosij Makar archimandrita della Chiesa ortodossa russa. «Qui ucraini e russi pregano e piangono insieme. I problemi dei nostri popoli ci sono, la situazione in Ucraina è difficile: piangiamo i nostri ragazzi, le città sono bombardate. Grazie che siete insieme a noi e non ci lasciate soli».

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