Il Vicario apostolico dell’Arabia meridionale, già Ausiliare ambrosiano, rievoca i rapporti personali con Joseph Ratzinger e di lui dice: «Un uomo totalmente dedicato alla sua missione, di cui saremo sempre grati»
di monsignor Paolo
MARTINELLI
Vicario apostolico dell'Arabia meridionale
Rispondo a un invito cortese di condividere qualche esperienza e riflessione su Benedetto XVI.
La notizia della conclusione del suo cammino terreno desta profonda commozione e rispetto. Vengono subito alla mente gli incontri personali che ho avuto e l’immensa eredità spirituale che questo uomo di Dio lascia alla Chiesa, alla ricerca teologica e al mondo.
Il primo contatto personale che ho avuto con lui è stato di carattere epistolare. Appena pubblicata la mia tesi dottorale sul pensiero di von Balthasar, su suggerimento del mio moderatore, ne ho inviata una copia all’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Josef Ratzinger. Non mi aspettavo una risposta. Per me era sufficiente avere avuto l’onore di inviargli una copia. Ben presto mi arrivò una sua lettera, tutta scritta a mano con la sua inconfondibile calligrafia, in cui non solo mi ringraziava per il dono, ma entrava in dettaglio nella ricerca svolta. Quella lettera mi aveva dato la forte impressione che mi avesse preso sul serio, pur essendo a lui sconosciuto.
Attento e gentile
Successivamente, essendo stato consultore della Segreteria del Sinodo dei Vescovi dal 2005 al 2014, ho avuto modo di incontrarlo più volte durante le diverse assemblee sinodali da lui presiedute e durante gli incontri che il Consiglio del Sinodo aveva periodicamente con lui. Tutte le volte che ho avuto occasione di un incontro personale ho sempre riportato la stessa forte impressione di una persona attenta, gentile e interessata a conoscere chi aveva di fronte. In effetti bastava incontrarlo una volta per capire quanto fossero estranee a lui quelle caricature costruite negli anni dai media sulla sua persona, nel tentativo (vano) di screditarlo.
L’eredità
La domanda sulla sua eredità crescerà sicuramente nel tempo. Certamente il gesto delle dimissioni resterà nella storia della Chiesa e dell’umanità come un atto di profonda umiltà e di consapevolezza del cambiamento di epoca in cui siamo immersi. Ma non è certo l’unica eredità.
Ci sono molti livelli per approcciare l’opera di Ratzinger – Benedetto XVI. Soprattutto leggendo le sue omelie pronunciate da Sommo Pontefice si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un padre della Chiesa. Si sente la preziosità di un pensiero di fede maturo, capace di cogliere il mistero celebrato nelle sue implicazioni profonde per il tempo presente. Non credo sia azzardato immaginare che alcune delle sue omelie in futuro potranno essere tra le letture del Breviario, come troviamo oggi le pagine di Sant’Agostino o di San Tommaso. Molti suoi testi, semplici e profondi, sono sicuramente destinati a rimanere nei secoli.
Le opere
Il suo itinerario di studi è immenso e articolato. Le sue opere sistematiche costituiscono pietre miliari del pensiero teologico. Oltre alla ricerca su Sant’Agostino (Casa e popolo di Dio in Agostino), è da ricordare la sua tesi di abilitazione dedicata al pensiero di San Bonaventura da Bagnoregio, oggi accessibile integralmente nella Opera Omnia: L’idea di rivelazione e la teologia della storia di Bonaventura. Si tratta di un volume che, studiando il dottore francescano, affronta uno dei temi chiave della modernità: il rapporto della rivelazione cristiana con la storia. Questo studio lo avvicinerà alla tradizione teologica francescana che lo accompagnerà per tutta la vita. Non sono poche le occasioni che porteranno Ratzinger – Benedetto XVI a recarsi più volte ad Assisi, sulle orme di Francesco e Chiara, anche in forma privata. Alcuni suoi scritti sui due Santi assisani sono un vero gioiello di spiritualità.
Il cristianesimo di fronte alla storia
Un altro volume indimenticabile è Introduzione al cristianesimo, che riporta le lezioni tenute alla fine dei turbolenti anni Sessanta. Al di là delle singole tematiche, il testo mantiene la sua attualità soprattutto per il metodo utilizzato che mostra la capacità del cristianesimo di interloquire con i cambiamenti della storia senza aver bisogno di tradire la propria natura.
Il tema dell’essenza del cristianesimo troverà ulteriori espressioni negli anni successivi, come per esempio nella enciclica Deus Caritas est, dove si ricorda che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n. 1).
Nella stessa linea troviamo il testo Gesù di Nazareth, un tentativo appassionato e rigoroso di restituirci il volto del “Cristo reale”, di cui vive la fede del popolo cristiano. Anche i testi sulla liturgia, i documenti sulla Eucaristia (Sacramentum caritatis) e sulla Parola di Dio (Verbum Domini) ultimamente sono inviti urgenti a guardare a Gesù Cristo, non come a una figura del passato, ma come nostro contemporaneo che non smette di parlare oggi alla sua Chiesa e al mondo. Il principio della continua riforma della Chiesa sta nella presenza operante di Cristo attraverso l’azione dello Spirito. Da qui nasce la sua attenzione ai carismi presenti nella Chiesa, nella loro relazione intrinseca alla missione apostolica.
L’interpretazione del Concilio
Inoltre, rimane un capitolo aperto l’insieme dei suoi testi che riguardano l’interpretazione del Concilio Vaticano II, al quale partecipò come giovane esperto: sia quelli scritti all’indomani della chiusura del Concilio, sia gli interventi come Sommo Pontefice riguardo alla interpretazione del Concilio stesso. La differenza evidenziata tra l’ermeneutica della rottura/contrapposizione o della riforma nella continuità rimane a tutt’oggi una questione chiave per chiunque voglia fare i conti con il Concilio “reale”.
Sulla scia dell’insegnamento del Vaticano II, Benedetto XVI ha sostenuto il dialogo interreligioso, incentrandolo soprattutto sulla promozione della pace e la ricerca della verita’. Sulle orme del suo predecessore, le diverse religioni vengono invitate al confronto innanzitutto per smascherare ogni tentativo di giustificare la violenza in nome di Dio, riconoscendo inequivocabilmente, a partire dai cristiani, gli errori compiuti nel passato. Inoltre, denunciando la disumanità di un mondo senza Dio, come si e’ tragicamente manifestato nei conflitti del XX secolo, invita le religioni a mostrare il carattere umanizzante della ricerca di Dio, fonte della vera pace. In questa ricerca, Benedetto XVI include in modo originale anche coloro che pur non credendo in Dio, sono autentici “pellegrini della verita’ e della pace”. Questa impostazione emergerà soprattutto ad Assisi nell’ottobre 2011, 25mo anniversario del primo incontro interreligioso promosso da san Giovanni Paolo II, dove oltre ai rappresentanti delle religioni vengono invitati esponenti del mondo laico.
La testimonianza
Infine, vorrei ricordare il tema della testimonianza come questione chiave per il futuro del cristianesimo. Tema che lo accomuna per molti aspetti al suo successore, papa Francesco. Celeberrimo è il suo discorso sull’Europa, pronunciato poco prima di essere eletto a sommo pontefice: «Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto le porte dell’incredulità… Soltanto attraverso uomini toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini». Il cristianesimo non si diffonde per «proselitismo», ma per «attrazione» afferma papa Francesco in Evangeli Gaudium, citando Benedetto XVI. È l’attrattiva della testimonianza.
Benedetto XVI è stato certamente un testimone credibile della fede. In ciò che ha fatto, ha detto e ha vissuto, come teologo, come pastore, come Sommo Pontefice, fino agli ultimi anni come Papa emerito, dedicati alla preghiera e allo studio, mostrano al mondo e alla storia la statura di un uomo di Chiesa totalmente dedicato alla sua missione, di cui saremo sempre grati: «Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore».