Alle celebrazioni e ai momenti di preghiera nella chiesa di Santa Maria della Sanità partecipano libanesi, arabi, mediorientali e anche diversi italiani. La comunità è particolarmente devota a san Charbel, monaco canonizzato da Paolo VI

di Cristina CONTI

MARONITI
Fedeli maroniti con l'Arcivescovo in occasione di una festa di San Charbel

Medici, ingegneri, dirigenti di multinazionali, studenti. Sono i fedeli della Comunità maronita di Milano, che si ritrovano a pregare nella chiesa di Santa Maria della Sanità in via Durini 20.

Una piccola comunità

Nata con un decreto che risale al novembre del 2014, dopo un accordo tra il Patriarca maronita e l’Arcivescovo di Milano, ha iniziato il suo servizio nel 2015. Ne fanno parte fedeli in lingua araba che svolgono professioni o che hanno ruoli dirigenziali in città (solo una è impiegata come badante). «Rispetto ad altri gruppi etnici presenti in diocesi – penso a egiziani, filippini, equadoregni -, noi siamo una piccola comunità, che prima della pandemia comprendeva circa 4 mila persone in tutta Italia – spiega il responsabile don Assaad Saad -. Oggi il numero è più alto perché i profughi stanno arrivando in continuazione, ma l’aumento non è stato superiore alle 2-3 mila unità».

In realtà le attività in parrocchia sono frequentate non solo da libanesi (molti dei quali arrivati in Italia durante la guerra civile nel loro Paese), ma anche da altri mediorientali, provenienti da Palestina, Giordania, Siria, Iraq e Turchia, e da qualche italiano. «Siamo un mosaico che comprende tante etnie: frequentano la Messa da noi anche ortodossi e caldei, per esempio – aggiunge don Saad -. Ci sono anche italiani che seguono le nostre funzioni perché devoti a San Charbel, monaco maronita e presbitero libanese, canonizzato da Paolo VI nel 1977, che si festeggia il 24 luglio. Ogni mese, il giorno 22, celebriamo una messa dedicata ai devoti (la data ricorda la guarigione di una donna libanese avvenuta nel 1993 per intercessione del santo) e cerco in tutti i modi di far partecipare anche la comunità libanese, anche se è piuttosto difficile radunare lo stesso giorno tutti coloro che vivono in Diocesi». Per questa celebrazione è stato preparato addirittura un libretto specifico, tradotto in italiano per consentire a tutti di seguire il rito.

La sfida degli studenti

Generalmente le celebrazioni si svolgono la domenica alle 11 e nelle grandi festività. Un’attenzione particolare riguarda, inoltre, gli studenti libanesi. «Qui a Milano ce ne sono molti -spiega il responsabile -. Per me rappresentano una grande sfida. Cerco di creare tra loro unità e di aiutarli a integrarsi nella società cittadina. Su loro richiesta, facciamo un’ora di preghiera insieme prima delle feste e ci ritroviamo per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Con i volontari della parrocchia abbiamo poi organizzato corsi di italiano che si svolgono ogni sabato in chiesa. Il livello è avanzato, poiché conoscono bene già altre lingue, tra cui l’inglese, e quest’anno abbiamo attivato anche un secondo corso più che avanzato, perché gli studenti sono molto numerosi».

Il rito

Il rito è molto particolare. Il Vangelo e la prima lettura sono in italiano e in arabo, l’omelia è in italiano, mentre la preghiera di consacrazione e l’invocazione dello Spirito Santo sono in aramaico. «È un rito cantato che per questo motivo deve sempre essere accompagnato da qualcuno durante la celebrazione. È molto sentito e sono tante le persone che partecipano, anche se di provenienza diversa, perché qui tutti si sentono uguali: considerano la parrocchia come la propria chiesa, un luogo in cui non sono semplicemente ospiti», conclude don Saad.

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