Redazione

«Negli incidenti di domenica non c’era nulla di preordinato –
dice A.M., tifoso dell’Inter che ha frequentato per vent’anni
la Curva Nord di San Siro pur senza far parte di gruppi
organizzati -. Agli ultras pesa esssere considerati qualcosa
di marcio e venire presi costantemente di mira: un accumulo
di rabbia e di esasperazione che è esplosa in quel modo»

di Mauro Colombo

«Se avessero deciso lo stop immediato a tutte le partite, tutto questo non sarebbe successo». A parlare è A.M., 43 anni, editore e commerciante che vive e lavora a Milano. Tifoso dell’Inter, per una ventina d’anni e’ stato assiduo frequentatore di San Siro, dove assisteva da abbonato alle partite dei nerazzurri, aggiungendo anche qualche puntata in trasferta. Negli ultimi tempi gli impegni di lavoro («e non la paura della violenza», precisa) hanno diradato la sua presenza allo stadio.

Al Meazza M. ha sempre preso posto nella Curva Nord, quella dei Boys e dei più accesi tifosi interisti, anche se personalmente non ha mai fatto parte di alcun gruppo organizzato. Ha conosciuto e frequentato, però, diversi ultras e questo lo porta oggi a dire: «A un tragico incidente, che poteva capitare a chiunque in altri contesti, e’ stato dato un connotato calcistico e a quel punto c’è stata la reazione degli ultras. Che, ripeto, la sospensione immediata del campionato avrebbe evitato».

Perché nella mentalità ultras è passato il concetto che «per Raciti hanno fermato il calcio, per un tifoso no»…
Esattamente, ma non solo. Il punto-chiave è la percezione, da parte degli ultras, di essere considerati qualcosa di marcio. Ho sentito alcuni opinionisti in tv invocare «la certezza della pena» per gli ultras: benissimo, ma perché solo per gli ultras, e non per gli omicidi, gli stupratori o i rapinatori? Tenendo presente, oltretutto, che l’introduzione dei provvedimenti presi nel dopo-Raciti ha portato a un calo degli incidenti negli stadi.

Pesa l’equazione “ultras = violento”?
Sicuramente. Tra gli ultras ci sono delinquenti, disadattati, ma anche persone assolutamente normali e di buona famiglia, come in qualsiasi altro gruppo sociale. Il problema è che gli ultras sono presi costantemente di mira, qualsiasi cosa facciano. Quando invece combinano qualcosa di buono – per esempio in termini di beneficenza o solidarietà, e succede -, il tutto passa sotto silenzio.

Ma è vero che negli ambienti ultras si aspettava solo un pretesto per scatenare questa rivolta contro l’ordine costituito?
Non credo proprio. È difficile da spiegare, ma garantisco che alcuni gruppi ultras hanno determinati princìpi e valori di riferimento; il fatto di essere continuamente nel mirino, bistrattati, controllati, trattenuti, impediti dall’andare in trasferta, porta a un accumulo di tensione, di esasperazione e di rabbia che in questo caso è esplosa. Ma escludo che ci fosse un piano preordinato.

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