Redazione
Da quasi quindici anni esistono in Italia gruppi di famiglie che si associano nel tentativo di orientare i propri consumi secondo criteri di giustizia. Come? Attraverso un metodo semplice e concreto: si fissa un obiettivo, per esempio ridurre la produzione casalinga di rifiuti o la spesa per la benzina; si segnano tutte le spese su una scheda e si cerca, mese dopo mese, di incrementare i propri comportamenti a basso impatto sociale e ambientale. Un’impresa meno faticosa se ci si mette in gruppo con atre famiglie che hanno lo stesso sogno.
di Stefania Cecchetti
A sentir loro si tratta di una “sperimentazione”. Così la definisce il coordinatore nazionale don Gianni Fazzini. In realtà, dopo 14 anni di attività, l’Operazione Bilanci di giustizia ha pieno diritto di cittadinanza tra i movimenti che propongono stili di vita alternativi. Chi meno è consumista, meglio sta: è questo il loro motto. E, accanto al desiderio di una vita più sobria, la convinzione che sia possibile ripensare i propri comportamenti quotidiani in termini di giustizia:
«Ogni volta che compriamo qualcosa, o facciamo scelte relative alla nostra abitazione, possiamo schierarci con il giusto o con l’ingiusto – spiega don Gianni Fazzini -. Possiamo finanziare cose “buone”, come la promozione dei Paesi del Sud del mondo nel commercio equo e solidale o, viceversa, possiamo finanziare lo sfruttamento della manodopera minorile e politiche irrispettose dell’ambiente. In altre parole, il consumatore ha una responsabilità etica: un concetto che nei libri di morale non c’è ancora, ma che avrebbe più di una ragione per starci».
Com’è possibile, si domandano alcuni, fare scelte consapevoli in un sistema economico complesso come quello attuale? Spesso è troppo complicato anche capire quello che veramente si sta acquistando. «È vero – dice don Fazzini -, l’economia attuale ci ha reso quasi impotenti a pensare qualcosa di diverso. Ma, in quanto cristiano, io dico che non dobbiamo conformarci alla mentalità di questo mondo. Possiamo liberare la fantasia e immaginare un futuro diverso».
Ma questo non si può fare da soli: il lavoro dell’Operazione Bilanci di giustizia è proprio quello di mettere in comunicazione persone che hanno lo stesso sogno, la stessa “sete di giustizia”. «Nella nostra sede di Mestre – spiega ancora don Fazzini – telefonano persone da tutta Italia. L’altro giorno abbiamo messo in contatto una famiglia di La Spezia con altre coppie che, nella loro zona, avevano già aderito al movimento».
L’unione fa la forza: nel suo quindicennio di attività l’Operazione Bilanci di giustizia ha realizzato «cose davvero belle, che nemmeno ci saremmo immaginati», dice don Fazzini. Qualche esempio: 12 anni fa, a Torino, un gruppo pensò a un’alternativa concreta e sostenibile alla spesa nei grandi supermercati. Nacque l’idea di fare la spesa in comune, acquistando grandi quantità e privilegiando piccoli produttori, imprese che davano lavoro a soggetti svantaggiati, prodotti biologici. Era l’embrione dei gruppi di acquisto solidale (Gas).
Ancora: 7 anni fa, una famiglia di un gruppo di Bergamo si era presa l’impegno di ridurre i propri rifiuti, così li monitorava pesando i sacchetti della pattumiera. Grande sconforto quando, con la nascita della loro primogenita, videro la loro spazzatura lievitare esponenzialmente a causa dei pannolini. Ne parlarono alle riunioni del gruppo e insieme studiarono di far arrivare dalla Germania pannolini lavabili in fibra naturale. Così anche l’Italia, con alcuni anni di ritardo rispetto ai paesi in lingua tedesca, apriva le porte al pannolino ecologico.
Per capire come funziona nel concreto l’attività dei “bilancisti” abbiamo interpellato Alberto Villella, membro di un piccolo gruppo attivo a Milano: «Siamo in sette coppie, in genere ci incontriamo a turno a casa di qualcuno. Ciascuna famiglia cerca di monitorare i consumi registrando gli scontrini su una scheda mensile, uguale in tutta Italia e scaricabile dal sito dei Bilanci di giustizia. La scheda è divisa in macro gruppi di consumo (per esempio: igiene, trasporti, casa). Per ogni gruppo ci sono due colonne su cui registrare il consumo usuale e quello cosiddetto “spostato”. Lo scopo è verificare quale quota dei consumi si riesce appunto a “spostare” su prodotti dal basso impatto socio-ambientale. Durante gli incontri le famiglie si confrontano e si cercano modi per incrementare i consumi “giusti”».
Non si pretende di rivoluzionare improvvisamente il proprio stile di vita. Si procede a piccoli passi concreti, come spiega ancora Alberto: «Come famiglia o come gruppo si prendono di volta in volta degli obiettivi. Ci si impegna, per esempio, a usare meno la macchina e più i mezzi pubblici: segnando gli scontrini della benzina ti accorgi se davvero sei riuscito a farlo oppure no. Oppure si decide di comprare detersivi ecologici invece di quelli normali: in questo caso non è una riduzione dei consumi ma uno “spostamento” da un prodotto ad alto impatto ambientale verso uno più sostenibile». E una volta consolidato un obiettivo, si passa a un altro.