Priorità al ritorno in aula, problematiche della Dad, impiego del tempo da qui al prossimo anno: questi i temi su cui soci insegnanti, genitori, studenti, dirigenti si confrontano sul sito dell’Ac

di Paolo INZAGHI

scuola con mascherina

Serve un «impegno su tutti i fronti per garantire la riapertura delle scuole, perché bambini, ragazzi e giovani hanno bisogno di vivere e studiare insieme, e di stringere forti e significative relazioni educative». Lo ha chiesto l’Azione cattolica delle diocesi di Lombardia in un appello pubblicato lo scorso 13 marzo. Da allora il dibattito sulla scuola nel tempo della pandemia è proseguito anche sul sito dell’Ac ambrosiana, che sta ospitando interventi di soci insegnanti, genitori, studenti, dirigenti. L’obiettivo è condiviso da tutti: il ritorno in aula deve essere una priorità. Ma occorre evitare semplificazioni ideologiche e servono progetti attuabili, dati chiari e superamento delle falle del Sistema sanitario.

Marta Valagussa, mamma e giornalista, sottolinea come ormai sembra chiaro che frequentare la scuola non aumenta il rischio di contagio per i bambini. Lo dice citando uno studio dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) che ha incrociato i dati del Miur con quelli di Ats e della Protezione Civile, coprendo un campione del 97% delle scuole italiane. Valagussa evidenzia invece che la preclusione alle lezioni in presenza e la scarsa socialità imposta dall’isolamento, per quanto inevitabili, avrà profondi effetti negativi sulla psiche e lo sviluppo dei più piccoli: «Vedremo i nostri bambini costretti a imparare di nuovo come si gioca a calcio in un campo con altri coetanei. Faranno fatica a comprendere le proprie emozioni e ne risentiranno i rapporti di amicizia. Aumenterà l’analfabetismo funzionale e la capacità di leggere un testo e comprenderlo, per molti dei nostri adolescenti».

Serena Arrigoni, insegnante elementare all’Istituto comprensivo di via Maniago, periferia est di Milano, tiene però a precisare che le diseguaglianze messe in evidenza dalla Dad sono sempre esistite e sono l’oggetto dell’impegno di ogni buon maestro, in presenza come a distanza. Per questo, sostiene, occorre cogliere l’occasione di proseguire qualche attività anche nella prossima estate, almeno per gli alunni più svantaggiati: «Finire la scuola e fare corsi di inglese, di vela e andare nella casa in montagna non è proprio come passare tre mesi nell’afa di Milano a fare nulla». L’ipotesi è difficilmente percorribile secondo Valentina Soncini, dirigente scolastico alla scuola superiore IIS Ferrari di Monza: «Molte delle scelte più importanti della scuola avvengono tra l’8 giugno e l’inizio di settembre: gli esami a tutti i livelli e operazioni complesse di pensionamenti, trasferimenti, immissioni in ruolo, graduatorie… senza le quali a settembre non si può iniziare». Piuttosto, auspica Soncini, occorre impiegare «tutte le energie per dare in modo stabile a settembre docenti alla scuola» e «investimenti formativi sistematici per comprendere il fenomeno educativo nell’era del digitale e impegno a delineare una nuova figura di docente».

Sul sito dell’Ac si è espressa anche Elena Pomoni, studentessa di 16 anni in un Liceo classico. La ragazza testimonia che alle superiori la Dad funziona sul piano dell’apprendimento e della verifica, ma viene «profondamente trascurato l’aspetto della socialità umana, dello scambio di idee e del lavoro di gruppo. È un dato di fatto: nessuno ne è responsabile, la tecnologia ha i suoi limiti, ma, almeno per ora, essa è tutto ciò che abbiamo per poter continuare gli studi in modo sicuro».

Quel che è certo, conclude Giuseppe Bonelli, Dirigente dell’ufficio scolastico territoriale di Brescia, è che si è «superata quell’unità di tempo e di spazio che da sempre identificava il modo di insegnare» ed «è venuta finalmente alla luce la centralità» della scuola «nella nostra vita sociale».

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