Nell’Istituto intitolato al fondatore delle Suore delle Poverelle la Messa di ringraziamento per la canonizzazione del 15 maggio: «Sono contento di riconoscere che tanti santi sono anche in mezzo a noi»

Palazzolo-1
L'Arcivescovo tra le Suore delle Poverelle e i rappresentanti dell'Istituto Palazzolo e della Fondazione Don Gnocchi al termine della celebrazione

di Annamaria Braccini

«La loro forza non è qualche impresa grandiosa, è la condivisione, scegliendo di essere poveri; la grande forza è il servire, la misericordia che perdona. Noi siamo ammirati e grati di quello che le Suore delle Poverelle hanno compiuto e compiono: desideriamo imitare la strada che Gesù ha percorso e che San Luigi Maria Palazzolo e le sue suore ci hanno indicato per dare testimonianza alla risurrezione di Gesù».

L’Arcivescovo ringrazia così le tante religiose presenti alla celebrazione che presiede in onore di San Luigi Palazzolo (1827-1886), fondatore delle Suore delle Poverelle, canonizzato lo scorso 15 maggio. Un segno di riconoscenza nel quale unisce anche tutti coloro – personale, medici, volontari, parenti – che si prendono cura degli ospiti dello storico Istituto intitolato al Santo e che da 25 anni è parte della Fondazione Don Carlo Gnocchi. Accanto all’Arcivescovo, oltre al Vicario episcopale di Zona I monsignor Carlo Azzimonti, concelebrano il presidente della Fondazione, don Enzo Barbante, e il suo predecessore, monsignor Angelo Bazzari, il cappellano della struttura don Innocenzo Rasi e il vice don Oscar Boscolo, e il parroco della Comunità pastorale San Giovanni Battista, nel cui territorio si trova il Palazzolo.

Tra altre consorelle, venute anche da Bergamo, sono presenti suor Anita Moroni, Vicaria generale della Congregazione (le cui religiose il cardinale Schuster volle al Palazzolo nel 1938), la consigliera generale suor Clelia Sudiro e la superiora dell’Istituto suor Gabriella Lancini. Non mancano i vertici della Don Gnocchi, con il direttore di area della Fondazione e del Palazzolo Antonio Troisi.

Carisma silenzioso

Palazzolo_L'Arcivescovo davanti all'immagine del Santo

L’Arcivescovo davanti all’immagine del Santo

Insomma, tanti motivi di gioia per cui rendere grazie, come spiega nel suo saluto don Rasi: «La recente canonizzazione suggella in modo mirabile il silenzioso carisma di carità di San Palazzolo. Questa Casa cittadella della carità – “un parafulmine della città”, come l’aveva chiamata il cardinale Scola – ha una splendida e radiosa radice e una nuova luce che rischiara con la forza di amore», dice, richiamando il cammino percorso in vista della canonizzazione con incontri mensili a tema sulla vita del Santo e della Congregazione; mediazioni mattutine feriali trasmesse attraverso interfono, le Messe via televisione interna e un recital, con protagonisti anche i preti della Cappellania e le suore. «La sua presenza è da noi vissuta come segno di continuità dell’attenzione ai più poveri e bisognosi della Chiesa di Ambrogio e Carlo. È segno anche dell’apprezzamento per il nostro lavoro», conclude il cappellano con parole rivolte direttamente all’Arcivescovo che, nella sua omelia, torna più volte sul carisma del Santo fondatore.

L’omelia dell’Arcivescovo

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

«L’eroismo della carità, la testimonianza della Risurrezione, lo zelo per l’evangelizzazione pare che siano un’impresa per le persone particolarmente dotate di forza, di intelligenza e di intraprendenza, di salute e di resistenza. Ma la memoria di san Luigi Maria Palazzolo e di ciò che è nato dal suo carisma suggeriscono di fare piuttosto l’elogio dei deboli: anche lui era piccolo, provato dalla vita, malato e psicologicamente fragile».

Quale forza è allora richiesta per dare testimonianza della risurrezione, si chiede e chiede l’Arcivescovo: «In primo luogo, è richiesta la forza di Dio, che si manifesta in Gesù come la compassione che perdona, non la forza che scuote come un terremoto, la terra, il cielo, il cuore con manifestazioni che stupiscono e sconcertano. La forza è nel Figlio che si è fatto uomo per espiare i nostri peccati. La forza di Dio è l’amore che perdona, la misericordia che opera l’impossibile, cioè che recupera anche quello che è passato, che è stato e lo avvolge della gloria, dell’abbraccio del perdono».

E, ancora, «la forza di servire»: «Gesù chiede ai suoi discepoli di imitarlo nel servire, non di imitarlo nel camminare sulle acque o nel placare la tempesta, nel moltiplicare il pane. Questi sono solo dei segni per entrare nel mistero di Dio, ma coloro che hanno conosciuto Gesù il Dio-con-noi, sono chiamati a vivere come lui, mite e umile cuore, a pregare come lui, a servire come lui. La grande forza degli amici di Dio è il servizio».

Palazzolo_L'Arcivescovo durante l'omelia

L’Arcivescovo durante l’omelia

Poi, «la forza di scegliere la povertà»: «Il miracolo che i discepoli sono chiamati a compiere non è il miracolo economico, quell’arte di moltiplicare le risorse, di spremere le ricchezze della terra per il sogno impossibile di essere tutti più ricchi. La via di Dio è di essere tutti più poveri, più sobri, facendo in modo che nessuno sia abbandonato al suo bisogno. San Luigi Maria Palazzolo ha, quindi, reso testimonianza della risurrezione del Signore non con la mentalità mondana e la missione delle Suore delle Poverelle continua presso le ferite dell’umanità. La grande forza che tutti possiamo avere non è il vigore della giovinezza, non la sovrabbondanza delle risorse, non la capacità di compiere imprese grandiose, ma la disponibilità a perdonare, l’imitazione di Gesù, la condivisione dei beni perché nessuno sia bisognoso».

A conclusione l’Arcivescovo – che significativamente indossa una casula con le immagini del Fondatore e della cofondatrice, suor Teresa Gabrieli – lascia ancora un pensiero, in riferimento alla «fioritura di santità» delle nostre terre: «Sono contento di aver condiviso la gioia delle Poverelle per questa canonizzazione, e di unirmi alla gioia di tutta la Chiesa che vede nel Palazzolo un esempio da imitare. Sono contento di riconoscere che tanti santi sono in paradiso e pregano per noi, ma tanti sono anche in mezzo a noi».

Ti potrebbero interessare anche: