Alle 8.30 la Messa di Natale, non nella Rotonda, ma in un reparto. Il cappellano don Marco Recalcati spiega difficoltà e limitazioni di questi mesi di pandemia in carcere, dove alcuni detenuti hanno però collaborato alla preparazione delle omelie d’Avvento
di Luisa
BOVE
Non rinuncia l’Arcivescovo di Milano a celebrare la Messa di Natale in carcere, nonostante l’emergenza sanitaria. La mattina del 25 dicembre varcherà dunque la porta di San Vittore per celebrare nel giorno della nascita di Gesù con coloro che in questi mesi, forse più di altri, hanno sofferto l’isolamento. La Messa, fissata per le 8.30, per motivi di sicurezza e rischio contagio, non sarà in «rotonda», ma in un reparto, «per evitare troppa concentrazione», spiega il cappellano don Marco Recalcati: «Punteremo a celebrare 7 o 8 Messe tra la vigilia e il giorno Natale, una di queste sarà presieduta dall’Arcivescovo, un’altra da monsignor Luca Bressan».
Prima della pandemia, alla Messa domenicale partecipavano a rotazione persone del 3° e 5° reparto e i giovani-adulti. «Poi è arrivata la seconda ondata di Covid-19 – spiega il cappellano – e far venire in Rotonda i detenuti del 5° raggio, quando la metà di loro erano bloccati in cella, voleva dire rischiare il contagio. Allora ci siamo orientati solo sul terzo piano del 6° raggio, dove ci sono i lavoranti, unico reparto senza positivi». Il numero si è ridotto drasticamente, da 40 persone, ora alla Messa in Rotonda partecipano solo 5 o 6 detenuti. Ora le altre celebrazioni sono al femminile, dai protetti e dai giovani-adulti: nessuno si muove dal reparto e i numeri sono limitati. «Le Messe sono ancora quattro, ma soddisfano solo la metà dei detenuti a San Vittore, l’altra metà non ha la possibilità».
In questi giorni cappellani e suore stanno facendo un piccolo sondaggio per capire quante persone parteciperebbero alla Messa nei giorni di Natale. Non è facile quest’anno l’organizzazione, «ma l’idea è che chiunque lo desideri, al di là dei numeri, possa prendervi parte», assicura don Marco. Intanto a San Vittore si respira aria di festa: «Abbiamo mantenuto gli aspetti tradizionali del presepe e i poliziotti hanno messo gli alberi di Natale e gli addobbi nei reparti creando un clima anche esteriore che piace sempre a tutti».
Dalla festa dell’Immacolata sono iniziate le confessioni in vista del Natale, ma i cappellani questa volta non possono coinvolgere i preti esterni per l’emergenza sanitaria; ai colloqui danno quindi la precedenza a chi chiede il sacramento della riconciliazione.
Quest’anno anche il cammino d’Avvento è stato stravolto. Di solito i detenuti ricevevano un’immagine con uno slogan e un percorso a tappe che si svolgeva di settimana in settimana, ma questa volta non è stato possibile. Don Roberto Mozzi, l’altro cappellano di San Vittore, ha lanciato l’idea di farsi aiutare dai detenuti a preparare le prediche di Avvento. «Così il lunedì davamo il foglietto della Messa della domenica successiva insieme a un foglio con una parola chiave (testimonianza, accoglienza, cambiamento) e tre domande inerenti al Vangelo: chi desiderava poteva rispondere e riconsegnarcelo». Una trentina, tra uomini e donne, hanno partecipato volentieri, altri sono stati sollecitati personalmente. Il mercoledì cappellani e suore del carcere ritiravamo gli scritti e la sera in videochiamata si confrontavano a partire da quelle riflessioni offerte dai detenuti. Alcuni testi selezionati saranno pubblicati in un fascicoletto che sarà distribuito agli interessati. «L’idea di dare voce a loro fa davvero la differenza e quando si mettono sono davvero bravi – conclude don Marco -, lo abbiamo già visto anche in occasione della visita di papa Francesco a San Vittore».