In Duomo i funerali di Stato dell'ex Presidente del Consiglio. Tra le migliaia di presenti, il presidente Mattarella, la premier Meloni, esponenti della politica, dell’imprenditoria, dello spettacolo e dello sport

funerali Berlusconi
L'Arcivescovo benedice il feretro di Silvio Berlusconi all'inizio della celebrazione

di Annamaria BRACCINI

«Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. È un uomo e ora incontra Dio». Sono queste le parole con cui l’Arcivescovo ha ricordato Silvio Berlusconi, scomparso il 12 giugno scorso, presiedendo in Duomo i funerali di Stato.

Gremita la Cattedrale. In prima fila i cinque figli, il fratello Paolo, la compagna Marta Fascina e le massime cariche dello Stato: i presidenti della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Consiglio, Giorgia Meloni (accolti all’interno del Duomo da monsignor Delpini); i presidenti di Camera e Senato, 32 membri del governo, 4 ex premier (Monti, Gentiloni, Draghi, Renzi), i segretari dei partiti. E poi il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e il sindaco di Milano Beppe Sala, che hanno dato il loro benvenuto, all’esterno della Cattedrale, alle personalità. Presenti anche capi di Stato esteri, tra cui Viktor Orban (presidente dell’Ungheria), l’emiro del Qatar Hamad al Thani, esponenti della società civile, i vertici di Mediaset, ma anche grandi campioni del calcio e volti noti dello spettacolo. Oltre 10 mila persone in piazza, sotto il sole, a seguire dai megaschermi le esequie, tra bandiere politiche e del Milan, striscioni e foto di ricordo.

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L’Arcivescovo durante la celebrazione

La celebrazione

Dodici i concelebranti, provenienti da diverse parti d’Italia, tra cui monsignor Francesco Pesce, rettore della Rettoria di San Gregorio Nazianzeno presso la Camera dei Deputati, don Giandomenico Colombo, parroco di Arcore – presente, tra le rappresentanze diplomatiche, monsignor Emil Paul Tscherrig, Nunzio apostolico per l’Italia -, l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo che ha benedetto il feretro al suo arrivo sul sagrato da Villa San Martino di Arcore. Poi, tra le navate, l’ingresso della bara, tra gli applausi e la solenne liturgia funebre, officiata secondo il Rito ambrosiano – con il tipico colore morello e i canti eseguiti dagli uomini adulti della Cappella musicale del Duomo -, con l’aspersione e l’incensazione del feretro, posto a terra ai piedi dell’altare maggiore, da parte dell’Arcivescovo. Che ha scelto le letture della Messa (vedi qui) e che, nella sua omelia, ha sottolineato il desiderio di vita, amore e di felicità presente in ogni uomo.

L’omelia

Un vivere che è desiderare una vita piena: «Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita, non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora».

E così è anche per l’amare e per il desiderare di essere amati: «Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Amare e percorrere le vie della dedizione. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».

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Un momento dell’omelia

E l’uomo, ogni uomo, è anche un desiderio di felicità, ha suggerito ancora: «Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita, delle imprese che danno soddisfazione, delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia».

Poi ha continuato in chiaro riferimento allo scomparso, nelle sue diverse vesti: «Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori, chi lo applaude e chi lo detesta». Ma ora «è un uomo e ora incontra Dio».

Infine l’Arcivescovo si fa voce anche del Presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi che porge le condoglianze. Dopo le note del silenzio e ancora un applauso, l’uscita della bara sul sagrato, benedetta da monsignor Virginio Pontiggia, vicario parrocchiale della parrocchia di Santa Tecla nel Duomo di Milano. 

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