Visita a tre realtà produttive e incontri con i titolari e i dipendenti: «Abbiate cura per le vostre persone e coltivate l’arte del buon vicinato»

L'Arcivescovo saluta i dipendenti della Dorit (foto Agenzia Fotogramma)
L'Arcivescovo saluta i dipendenti della Dorit (foto Agenzia Fotogramma)

di Annamaria Braccini

Una mattinata per visitare diversi luoghi di lavoro, come è ormai sua consuetudine nei giorni vicini al 1° maggio, festa di San Giuseppe Lavoratore. È quella che l’Arcivescovo, accompagnato da don Nazario Costante, responsabile del Servizio per la Pastorale Sociale e il Lavoro, ha vissuto varcando i cancelli di tre aziende, molto diverse tra loro per produzioni e dimensioni, ma tutte accomunate dall’impegno per uno sviluppo occupazionale rispettoso dei lavoratori.

A Novate

Prima tappa alla Dorit, ditta di pasticceria fresca, un’istituzione non solo a Novate Milanese, dove hanno sede il grande laboratorio e il punto vendita. «La vostra missione è rendere più bella la festa. Il lavoro è una possibilità di festa e un arricchimento per la crescita della persona», ha sottolineato don Costante, in un chiaro richiamo simbolico ai tanti momenti di gioia da festeggiare, magari con i dolciumi, come fanno ogni week-end, le 1300 persone che alla Dorit acquistano oltre 500 torte,. Un’impresa familiare, avviata 59 anni fa da Pierino Passali e oggi portata avanti dal figlio Lorenzo che, con la moglie Sonia e la figlia Ilaria, ha accolto l’Arcivescovo, sottolineando l’importanza della felice collaborazione con i 16 dipendenti, «che ci ha permesso di essere  all’apice del successo dolciario».

Parole a cui ha risposto l’Arcivescovo nel breve momento di preghiera semplice e informale, svoltosi nel laboratorio con la presenza della totalità del personale. Dopo la lettura di un brano di papa Francesco dedicato appunto al lavoro e tratto dall’Udienza generale del 12 gennaio 2022 e della pagina evangelica di Luca al capitolo 10, il Vescovo ha spiegato il senso della visita: «Il 1° maggio è giorno di manifestazioni, di concerti, di rivendicazioni e anche di giuste proteste per denunciare gli infortuni sui luoghi di lavoro. Ma la Chiesa, in questi giorni, vuole che giunga una benedizione, che significa attenzione all’ambiente di lavoro, alla qualità del lavoro che coinvolge la qualità della persona, permettendo che vi sia un giusto ritmo di vita e il necessario per sostenere la famiglia».

Poi, in riferimento all’immaginetta distribuita, raffigurante la michelangiolesca Pietà Rondanini, ha aggiunto: «In questa opera si ha l’impressione che non sia Maria a sostenere Gesù – come nelle altre Pietà -, ma il contrario, con le due figure in verticale. Per questo ho voluto porre, accanto all’immagine, la frase “A questa morte si appoggia chi vive”».

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«Quando sentiamo il peso della vita, possiamo fare fronte non perché siamo più forti o perché siamo supereroi, ma perché ci appoggiamo a Gesù. Questo è anche il messaggio della pagina di Vangelo che abbiamo letto con l’incontro tra Gesù, Maria e l’indaffarata Marta. È importante lavorare, certo, ma lo è altrettanto trovare le ragioni per lavorare bene e insieme. La benedizione che invoco per voi è l’augurio che, sviluppando tutta la vostra creatività e competenza, si realizzi la crescita personale e professionale, ma con le buone ragioni per vivere bene qui e fuori di qui».

Ad Affori

Poco dopo il trasferimento alla B. Braun Italia spa, ad Affori, nata nel 1922 come prima filiale estera di un gruppo tedesco attivo nel’assistenza sanitaria e che, attualmente lavora con quasi tutti gli ospedali presenti sul territorio nazionale. Ricerca e sviluppo, investimenti mirati, creando continue innovazioni per migliorare le terapie e ridurre i costi delle cure, sono i fiori all’occhiello della multinazionale. Ad accompagnare l’Arcivescovo, presenti oltre una cinquantina di lavoratori, Olivero Pelosini, Ad e Cfo del Gruppo.

L’Arcivescovo alla B.Braun

«Voglio ricordare che ogni lavoratore, oltre a essere un professionista, è una persona nella sua interezza che vive nella complessità della vita di famiglia, del quartiere, della società oltre alla dimensione lavorativa – ha detto l’Arcivescovo -: è importante tutelare l’integrità dell’individuo in tutti i suoi aspetti, senza dimenticare di coltivare la dimensione spirituale che, talvolta, nell’affanno del lavoro quotidiano può andare smarrita. Il mio invito a voi è quello di vivere al meglio i rapporti lavorativi, coltivando le buone relazioni e l’arte del buon vicinato che arricchisce ogni rapporto umano».

A Sesto

Infine la terza visita alla Longoni di Sesto San Giovanni, iniziativa avviata nel 1955 in un cascina e che ora, con le figlie del fondatore Anna e Marilena e il marito della prima Luigi Nava, dà occupazione a 7 dipendenti. Azienda di livello artigianale, ma che resiste nel settore metalmeccanico con un prodotto di nicchia che ha permesso di non essere soverchiati dai grandi gruppi internazionali. La produzione? “Portaspazzole”, ossia involucri per la grafite necessaria ai motori elettrici.

Emblematicamente sita sotto la grande torre della Sesto San Giovanni operaia, l’acquedotto della città, l’impresa è ricca di storia, come ha spiegato Nava, ricordando l’insediamento della Longoni nell’ex-area Eridania, che negli anni Settanta offriva spazi a 60 aziende di cui oggi solo 5 o 6 rimangono produttive, mentre le altre sono tutte di servizi.

La tappa alla Longoni (foto Agenzia Fotogramma)

«L’Arcivescovo viene qui per le persone, per portare una benedizione dove trascorrete molte ore», ha detto subito, rivolto ai lavoratori, l’Arcivescovo, cui era accanto anche il prevosto di Sesto, don Roberto Davanzo.

«Prima di tutto nel Vangelo si parla di una tensione tra le due sorelle Maria e Marta, ma il rimprovero di Gesù è per la rabbia che esprime Marta, troppo impegnata a preparare l’accoglienza. Credo che sul posto di lavoro, con la varietà degli umori, sia fondamentale il tema dei rapporti tra coloro che sono colleghi. L’invito di Gesù è a non essere esasperati tanto da diventare arrabbiati».

Da qui la raccomandazione: «Coltivate l’arte del buon vicinato perché questo fa bene alla persona anzitutto e agli altri. E bisogna anche avere cura di sé in senso completo, perché ogni lavoratore è una persona che ha una sua spiritualità, che porta in sé ferite e speranze. Ciò che dice papa Francesco, a proposito della dignità del lavoratore, e quello che dice Gesù, sono un invito ad avere cura della nostra vita spirituale e di preghiera, perché non siamo macchine. Abbiate cura per la persona nella sua integralità, quindi fatta di corpo e anima, di vita lavorativa e sociale, dei tempi del lavoro e del riposo».

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