Visita prenatalizia alla Clinica e Messa in cappella in vista della festa patronale dei Santi Martiri Innocenti: «Lo Spirito di Dio ci aiuta a vedere gli altri come fratelli»
di Claudio
Urbano
Ha espresso la gioia della visita, l’Arcivescovo nell’Eucarestia celebrata nella chiesa della Clinica Mangiagalli – il reparto maternità del Policlinico – per un appuntamento che si rinnova ogni anno prima di Natale per anticipare la festa dei Santi Martiri Innocenti (a cui è dedicata la cappella), patroni della Mangiagalli e dei bambini. Santi che, come recita la liturgia, «prima ancora di poter professare la fede l’hanno testimoniata con il sangue».
Una gioia accompagnata dalla «gratitudine per la grande impresa che qui si compie», ha sottolineato l’Arcivescovo, in una realtà come quella del Policlinico, «così singolare per la sua storia, dove si integrano la cura dei malati con l’attività di ricerca e l’università». Un fatto affascinante – ha proseguito -, «che dà fiducia, quando si guarda a queste grandi imprese per il bene dell’umanità: imprese che hanno bisogno di una grande collaborazione, di condivisione», e sulle quali ha invocato la benedizione di Dio.
Un dono e un segno
Uno spirito di condivisione che è stato anche il segno dell’omelia di monsignor Delpini. L’Arcivescovo ha invitato a scorgere i segni di quello Spirito di Dio «che ci rende figli», e che «ci aiuta ad affrontare le tante paure e sofferenze che incombono, pregando, come scrive Paolo nella lettera ai Romani, con lo Spirito che fa dire “Abbà! Padre!”». Uno Spirito – ha ricordato – «il cui frutto è la gratitudine, che ci fa vedere tutto ciò che esiste, gli altri come un dono e come un segno: dell’abbondanza dei doni di Dio, della creatività dell’uomo, e della possibilità di condividere». «Perché non c’è niente che sia banale nella vita – ha proseguito -, è uno Spirito che ci aiuta a vivere non con il timore della precarietà, ma piuttosto con la speranza, che ci aiuta a vedere gli altri come fratelli, che condividono lo stesso desiderio di essere amati».
Un desiderio di amore che è stato espresso, nelle preghiere dei fedeli, innanzitutto per le mamme e i piccoli della Mangiagalli, perché si sappia leggere il dolore dei più piccoli con la misericordia d Dio. E anche perché «a tutti capita di tornare piccoli», e quindi di desiderare persone disposte, come Maria, ad accoglierci e abbracciarci nelle nostre fragilità.
Il cappellano: «Ci chiama per nome»
La stessa gratitudine ha voluto esprimerla anche il cappellano, don Giuseppe Scalvini: per tutti coloro che lavorano al Policlinico e per la visita dell’Arcivescovo, che «ogni volta che viene qui non ci tratta semplicemente come “gli altri”, ma ci chiama per nome».
Un’attenzione a cui monsignor Delpini ha voluto richiamare tutti gli operatori, perché – ha avvertito riprendendo sempre San Paolo – lo “spirito da schiavi”, che, come accade a Erode, «ci fa vedere gli altri come una minaccia, si aggira dappertutto, e anche in un’opera così buona come l’ospedale, dove ci si prende cura degli altri, tutti noi possiamo esserne insidiati». «L’Arcivescovo ci fa capire dunque che anche noi dobbiamo rivolgerci agli chiamandoli per nome, e accogliendoli nelle loro necessità», ha rilevato don Scalvini.
Prima della Messa l’Arcivescovo ha visitato con discrezione i reparti e le camere della Mangiagalli, «dove è stato accolto con stupore e con gioia», riferisce don Scalvini. Perché – conclude sempre il cappellano – «ha espresso l’attenzione di una paternità che si fa prossima anche a un momento così delicato come quello dell’attesa della vita che nasce, e della vita (come quella dei piccoli ricoverati) che fin dai suoi inizi è messa a dura prova».