Presso il Centro pastorale ambrosiano 46 presbiteri sono stati immessi nell'ufficio di parroco e responsabile di Comunità pastorale
di Annamaria
BRACCINI
Un invito a vivere il proprio ministero e le nuove destinazioni pastorali come esperienza della gioia. È quello rivolto dall’Arcivescovo ai sacerdoti riuniti presso il Santuario San Pietro martire del Centro pastorale ambrosiano di Seveso, durante la celebrazione di preghiera e di benedizione per tutti i presbiteri che hanno ricevuto una nuova destinazione e immissione nell’ufficio di parroci e responsabili di Comunità pastorali (tre di nuova costituzione, tra cui una a Milano in Centro storico). Momento conclusivo dell’iniziativa “Tempo in disparte” promossa dalla Formazione permanente del Clero, il Rito vede la presenza di tutti i sette Vicari episcopali di Zona, del vicario generale monsignor Franco Agnesi e del vicario episcopale per la Formazione permanente del Clero, monsignor Ivano Valagussa.
Un «momento speciale per voi e per me, intenso, che anche nell’orario – le tre del venerdì pomeriggio – richiama il punto di riferimento del nostro servizio, dare la vita come Gesù», dice in apertura l’Arcivescovo, rivolgendosi direttamente ai 23 parroci e 23 responsabili di Cp nel giorno da cui decorre il nuovo incarico, cui si aggiungono altri preti tra cui 11 vicari parrocchiali.
In riferimento alle letture tradizionalmente previste – dal I capitolo del profeta Geremia, dalla I Lettera ai Corinzi, e dal Vangelo di Giovanni nel racconto del Buon pastore -, si avvia la riflessione dell’Arcivescovo, dopo la presentazione dei presbiteri nominati da parte del Cancelliere arcivescovile, monsignor Marino Mosconi.
«Vorrei invocare con voi e per voi il dono della gioia, il dono di un Ministero vissuto nella grazia che è esperienza della gioia. Le letture che abbiamo ascoltato insistono sugli aspetti faticosi del Ministero, sul sacrificio che si chiede al buon pastore e al profeta, su tanti aspetti che conosciamo bene». Sono le fatiche che vengono dall’annuncio del Vangelo, dalle relazioni, suggerisce monsignor Delpini, che aggiunge: «L’unica cosa che chiedo al Signore per voi tutti, in questo momento, è la gioia di essere preti e cristiani, di essere in questa Chiesa ambrosiana, di essere mandati nelle comunità che vi aspettano, la gioia di un’appartenenza al presbiterio che ci incoraggia ci sorregge e ci corregge anche mettendoci alla prova, ma offrendo fraternità. La gioia cristiana che non è solo la gratificazione dei risultati, ma viene da una fonte più segreta che è la relazione con Gesù e il lasciarsi condurre da lui».
E, ancora, «dobbiamo fare tante cose, ma il motivo per cui le facciamo sono l’obbedienza, la sequela di Gesù e la gioia di essere suoi amici. Come so, alcuni trasferimenti e distacchi sono motivo di tristezza, alcune comunità di approdo non sono così affascinanti come ci si aspetterebbe: sono le cose della vita, ma la nostra gioia viene dal fatto che Gesù riempie la nostra vita come le anfore di Cana. Solo la fede ci garantisce la gioia in ogni situazione. Siamo qui, in questo Santuario, dove un uomo – Pietro da Verona – ha scritto con il suo sangue la professione di fede: credo che Gesù è il mio Signore, che mi basta e che è più irrinunciabile della vita stessa. Per questo chiedo per tutto il Clero e il popolo di Dio il dono della gioia, ma lo raccomando specie ai preti»
Perché, non si nasconde l’Arcivescovo, soltanto la gioia può mostrare alla gente che vale la pena seguire Gesù e servire la Chiesa. «Viviamo un tempo in cui il numero di giovani che chiedono di diventare preti si riduce visibilmente, ma spesso mi domando se il nostro modo di essere riveli, con una certa evidenza constatabile, la bellezza e la contentezza di essere preti. Come si può avere voglia di diventare preti se i preti sono tristi, scoraggiati, arrabbiati? La gioia non è una facciata, un artificio per attrarre con l’arte della seduzione, è un frutto dello Spirito e credo che noi possiamo chiederla e riceverla. Siate lieti perché chiamati da Gesù, suoi amici, destinatari delle sue parole»
Infine, la Professione di fede, il giuramento di fedeltà nell’assumere il nuovo Ufficio da esercitare a nome della Chiesa (solo per i parroci o responsabili di Cp), ponendo le mani sul Libro dei Vangeli, la lettura da parte dell’Arcivescovo del Decreto di immissione in possesso – a norma del canone 527 -, la preghiera universale, la benedizione e il canto corale della Salve Regina.