Via Crucis nel penitenziario dove alcuni detenuti sono impegnati in un laboratorio che realizza violini con il legno dei barconi dei migranti: «Il male che abbiamo fatto e subìto può diventare una musica»
di Annamaria
Braccini
Il suono dolente di un violino costruito con il legno dei barconi che portano i disperati, a volte in salvo e altre in fondo al mare. nel più grande cimitero d’Europa che è il Mediterraneo. E, poi, appunto, due di questi barconi, una croce fatta con il loro stesso legno e, intorno, gli alberi, il verde, ma anche gli edifici con le sbarre alle finestre e l’inconfondibile architettura di ogni penitenziario. Come quello di massima sicurezza di Opera (1500 reclusi in totale) di cui l’Arcivescovo, accolto dal direttore Silvio Di Gregorio. varca i cancelli nel pomeriggio del Venerdì santo per celebrare la Via Crucis con i detenuti. Rito che si arricchisce, appunto, di una simbolica che richiama il dramma dei migranti grazie alla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e al suo Progetto Metamorfosi che porterà il laboratorio di liuteria di “Opera” a realizzare violini e altri strumenti con il legno dei barconi, così come avverrà in altri penitenziari. Insomma, un momento intenso, camminando dietro quella semplice croce, in diverse zone del carcere dove il Vescovo sosta per la preghiera comune – alcune sono state preparate dai reclusi – e una riflessione sulle diverse stazioni.
Prima di iniziare questa via della croce molto particolare è un giovane carpentiere egiziano di 38 anni, Zacrìa, a raccontare la sua odissea: da quando, ventunenne, decise di cercare di arrivare in Italia. Sette giorni in mare, dopo un mese e mezzo trascorso in un capannone libico ad attendere di poter partire: «Quando ci dissero che eravamo arrivati in Sicilia, decisi tuffarmi, nuotai fino a farmi male e baciai, infine, la terra ringraziando perché ero vivo. Ora cerco di vivere senza perdere tempo».
Poi, le diverse stazioni con una prima tappa tra i detenuti in un blocco di alta sicurezza per commentare il gesto della lavanda dei piedi.
La lavanda dei piedi
«Quello che Gesù fa è sconcertante. Dice: “Tu sei il primo dunque devi servire, tu hai il potere quindi devi servire, tu hai i soldi e devi servire”, mentre la mentalità più spontanea predica esattamente il contrario, Questa stazione ci incita a convertirci alla responsabilità di costruire rapporti opposti rispetto alla logica del mondo. Forse, qui non è bello o dolce vivere insieme, ma cosa faremo? Ci lamenteremo e useremo questo tempo per farci del male gli uni gli altri? La proposta di Gesù è, invece, di costruire insieme la frase del Salmo: “Come è dolce e bello vivere insieme come fratelli”. Che la vostra presenza e le vostre scelte, il vostro stile, assomigli a quello di Gesù. Questo è il mio augurio per la vostra Pasqua».
Il sonno della disperazione
Dal sonno dei discepoli che non riescono a vegliare con Gesù parte l’Arcivescovo per la seconda riflessione, proposta in un altro blocco di alta sicurezza: «Il sonno è quello di chi pensa soltanto a se stesso, senza pensare ad altro che a quello ha fatto o subìto. Ciò che avviene intorno, che vivono gli altri, non interessa. È il ripiegamento su di sé, è la distrazione continua, con la mente e il cuore che non si fermano da nessuna parte, con la frenesia delle curiosità. Il sonno è la distrazione e anche la disperazione di coloro che non si aspettano più niente, con giornate buie, notti tremende e un domani che è peggio dell’oggi. Queste tre prigioni possono impedire di stare vicini al Signore. Ma vicino a te che dormi – scandisce l’Arcivescovo -, Gesù prega, ti pensa, si prepara a darti la speranza. Noi facciamo la Via crucis per dire che vorremo svegliarci da questa specie di intontimento: il mio augurio è che ci sia un momento in cui svegliarsi dal sonno che ci rende estranei alla preghiera di Gesù, che il buio si illumini perché Gesù è la luce».
Infine, le ultime tre stazioni, celebrate nel teatro della struttura – anche attraverso un momento musicale e uno di interpretazione drammatizzata del Miserere – con i detenuti in regime di media sicurezza. Vengono letti alcuni commenti ai brani, liberamente tratti dal saggio Passione e risurrezione di Gesù di Silvana Ceruti, animatrice del Laboratorio di lettura e scrittura creativa di Opera.
Ogni vita può scrivere una storia di salvezza
Tre i messaggi che il vescovo Mario lascia ai presenti.
«Raccolgo e condivido con voi alcuni messaggi che vengono dalla Via crucis: tanti tra noi hanno l’anima spezzata, vivono questa settimana di passione come un momento triste, duro, soffrendo loro stessi la passione. Il primo messaggio viene dai barconi precari a cui sorelle e fratelli hanno affidato la loro vita: barconi per inseguire il sogno di una vita migliore e, a volte, per perderla in mare. Con il legno di questi barconi è stata ricavata una croce, un segno di salvezza: la croce strumento di morte che diventa segno di vittoria. Dal barcone è stato tratto un violino: la nostra vita sbagliata, il male che abbiamo fatto e subìto, può diventare una musica se lasciamo che mani esperte lavorino su questo legno. Comunque sia stata la nostra vita, le mani esperte di Dio possono trarre un segno di salvezza e di bellezza, la croce di Gesù e un violino per suonare musica. Ogni cosa può diventare una riga scritta nella storia della salvezza e una pagina di Vangelo».
Il secondo messaggio è dato da Maria che, sotto la croce, dice “Eccomi”, così come all’angelo dell’annunciazione: «In ogni situazione della vita c’è una vocazione, un annuncio che ci chiama a trasformare la nostra storia in una di salvezza. Anche noi troveremo una via di uscita alle nostre tribolazioni se sappiamo dire “eccomi”».
E, infine, il Cireneo che porta la croce di un condannato sconosciuto e che «quando si costituisce una comunità che si riunisce nel nome del Signore, si presenta» proprio perché ha portato la croce di Gesù: «Credo che questo lo possano dire molti di noi che non hanno nessuna qualità straordinaria o fatto imprese memorabili, ma che sono genitori che hanno avuto pazienza di crescere i loro figli, persone che, con il loro servizio e una professione qualunque, hanno avuto compassione di chi potevano aiutare. Una collaborazione, magari, chiesta per forza, ma realizzata con amore. Si presenteranno e diranno: “Noi abbiamo aiutato Gesù a portare la croce”».
A conclusione, è il presidente della Fondazione, Arnoldi Mosca Mondadori, a ricordare che nella sera del Venerdì santo i gesti legati al progetto Metamorfosi verranno riproposti in una Via Crucis che si svolgerà a Quarto Oggiaro, celebrata dal vicario episcopale di settore, monsignor Luca Bressan.