Nella Notte dei Santi del 31 ottobre sarà distribuito «Parla con Dio. Chiamare il Padre nella preghiera», edito dal Centro ambrosiano e disponibile in libreria dal 3 novembre: «Pregare cambia la vita»
Una lettera appassionata, quella che l’arcivescovo Mario Delpini dedica ai ragazzi nel pieno dell’adolescenza: un’età fatta di grandi slanci, sogni e desideri, ma caratterizzata anche dall’incertezza, dal sentirsi incompiuti, sopraffatti da una moltitudine di domande. La Lettera agli adolescenti si intitola Parla con Dio. Chiamare il Padre nella preghiera, è pubblicata dal Centro Ambrosiano (48 pagine, 2,20 euro), verrà distribuita in occasione della Notte dei Santi (31 ottobre) e sarà disponibile nelle librerie dal 3 novembre e sul sito www.itl-libri.com
«Una parola commovente»
L’adolescenza è un’età in cui pregare sembra una pratica desueta, ormai lontana, di cui si può fare a meno e vivere bene lo stesso, al più da “usare al bisogno”, come una sorta di terapia per stare meglio. Un’età in cui ci si chiede perché credere in un Dio che «non è presente e vicino» come si vorrebbe e chi è veramente questo Signore, che dicono «Padre di tutti»…
L’Arcivescovo va dritto al cuore dei ragazzi: «Anch’io mi sono fatto − e mi faccio − le stesse domande. Ma ricordo anche momenti della mia adolescenza, quando lo sguardo rivolto al crocifisso della mia chiesa mi ha come trafitto il cuore; quando una sera di vento mi ha fatto giungere una parola commovente, come una confidenza sorprendente; quando le parole “solite” sono diventate come fuoco; quando in un momento di adorazione mi sono sentito dire: “Io vi ho chiamato amici…”. Era forse preghiera?».
Ecco, allora, il messaggio che Mario Delpini vuole arrivi agli adolescenti: «La preghiera non è una cosa da fare, ma un incontro che cambia la nostra vita in profondità. Per questo preghiamo: perché il nostro cuore si trasformi e si apra. Pregare permette al cuore di vivere e di sentire la vita».
Un invito a non sottovalutarsi
Non manca nulla a chi accoglie l’invito a credere e pregare. Ed è lo stesso Gesù a suggerirci le parole per allacciare una relazione con Dio, nel Vangelo secondo Matteo (6,9-13). Parole che riempiono di stupore, che stringono cielo e terra in un unico abbraccio che sa di speranza. Una speranza, ci dice ancora l’Arcivescovo, che è come l’adolescenza: un desiderio in attesa di germogliare.
Ma che cosa vale la pena desiderare, in un mondo che offre di tutto? Vogliamo la felicità che non finisce mai, ma spesso ci accontentiamo di molto meno. Ecco, la preghiera viene a salvarci: dal sottovalutare la nostra esistenza, la nostra libertà, infine noi stessi. Perché la libertà è frutto di una relazione buona, di un potersi chiamare per nome, affidandosi all’altro senza paura. Dio non pretende nulla: se consegni a lui il tuo desiderio di felicità, ti camminerà accanto ogni giorno, come un amico vero, disposto a donarti la vita.