Serata di preghiera con i ragazzi nella cappellina dell’oratorio San Giovanni Bosco, recentemente rinnovata dai giovani e dagli educatori della Comunità pastorale
Lo accolgono numerosi gli adolescenti, con i loro educatori, lunedì 12 dicembre, nell’oratorio San Giovanni Bosco di Cornaredo addobbato per le feste di Natale e con una grande scritta appesa all’ingresso del salone, «Benvenuto». È questo il primo di alcuni incontri che l’arcivescovo Mario Delpini avrà con gli adolescenti anche in questo anno 2022-2023, un’esperienza già iniziata con l’anno straordinario 2021-2022 (i prossimi si svolgeranno tra febbraio e marzo). Simbolicamente questi incontri accompagnano l’offerta a tutti le comunità della Diocesi della Lettera agli adolescenti Parla con Dio – Chiamare il Padre nella preghiera, dedicata al tema della preghiera e alla lettura del Padre nostro.
La visita dell’Arcivescovo a Cornaredo – come negli altri luoghi – è organizzata come incontro informale, in oratorio, anche condividendo il momento della cena, e come opportunità di confronto con gli adolescenti su alcune domande di senso. A Cornaredo, in particolare, questa occasione è coincisa con l’inaugurazione della rinnovata cappellina dell’oratorio, allestita in modo originale dai giovani e dagli educatori della comunità.
Una casa per la preghiera di tutti
«Non è però una presentazione della cappellina – spiega il vicario parrocchiale don Daniele Battaglion (che guida l’incontro, accompagnato dal parroco don Danilo Dorini e dalle Suore Missionarie di Gesù della Comunità pastorale Santi Apostoli) -, ma è la consegna della cappellina. A chi? A questi ragazzi, in particolare gli adolescenti, la generazione che più di tutti abiterà, vivrà, sperimenterà, piangerà, sorriderà, gioirà in questo luogo, alla presenza del Signore. Grazie anche all’esperienza dei più grandi, i ragazzi avranno a disposizione questa casa del Signore che diventa la loro casa. Abbiamo chiesto all’Arcivescovo di aiutarci a comprendere questo dono, invitandolo a rispondere alla domanda che i discepoli hanno posto a Gesù: “Insegnaci, a pregare”».
Guidati dalle rispettive sensibilità
Sono gli educatori e i giovani della comunità ad accompagnare a scoprire il significato degli elementi della nuova cappella, pensati, ideati e realizzati in due anni di processo e creazione. Nel 2020, anno in cui il mondo ha affrontato la pandemia, il progetto di rinnovamento della cappellina (su cui erano visibili i segni del tempo) ha rappresentato il sogno di tornare ad abitare insieme l’oratorio, impegnandosi per un luogo concreto in cui condividere la fede. Guidati da una domanda – «Dove abita Dio nella mia vita?» – gli educatori hanno riletto l’esperienza con Dio e il suo incontro con Lui per tradurli, secondo le loro sensibilità, nel progetto: a chi era più legato all’esperienza affettiva di Dio è stato affidato il cuore della cappellina, il tabernacolo (un tronco composto da diverse sezioni a rimandare al corpo spezzato di Gesù, che irraggia luce, come un faro che rischiara la notte); chi aveva nel cuore più la Parola come bussola che orienta il cammino si è dedicato all’ambone, dove si proclama la Parola (Dio si incarna nei nostri legami, nei nostri gesti di bene verso gli altri: sono i frutti dell’albero di vite che si appoggia a una vecchia botte di legno recuperata); chi invece vedeva il Signore nelle amicizie, nella fraternità, come luogo di comunione, si è occupato dell’altare (concavo, a dare l’idea di un abbraccio, in cui ciascuno possa riconoscere il dono di Dio per sé); a chi vede più facilmente la presenza di Dio nel vissuto, nella valorizzazione del creato, nella cura, nella misericordia, sono state affidate le pareti laterali e la Via Vitae (una Via Crucis in chiave moderna per immedesimarsi nelle fatiche di Gesù, attualizzandole, senza distanziarsi dal suo significato originale).
La riflessione dell’Arcivescovo
Per pregare c’è bisogno di un luogo, di un tempo. Ma ciò che è davvero essenziale per pregare è un’amicizia. «Il discepolo del Vangelo di Luca (11,1-4) chiede “Signore, insegnaci a pregare” perché ha un rapporto personale con Gesù. Da qui comincia la storia della preghiera. Un desiderio che nasce da una attrattiva: vedere Gesù pregare ha fatto nascere nei discepoli il desiderio di pregare come lui – spiega agli adolescenti l’Arcivescovo, indicando Gesù come colui che vuole essere loro amico -. L’amicizia con Gesù è la strada per la preghiera e in questa amicizia, in questo sentirsi attesi, ciascuno di noi sperimenta come una commozione, nel poter parlare con Gesù, poterlo ascoltare».
Se Dio nessuno lo ha mai visto, cosa dire per pregarlo? «Gesù rivela chi è Dio. Noi non diciamo “Padre” proiettando in cielo quello che c’è sulla terra, ma imparando da Gesù a rivolgerci così, chiamandolo Padre». Insieme all’amicizia con Gesù e all’affidamento al Padre, la terza parola che l’Arcivescovo affida agli adolescenti è legata alla volontà: «Quando noi diciamo “volontà di Dio” talvolta parliamo della volontà di Dio come del destino, ma non tutto quello che capita è volontà di Dio. La comunione tra gli uomini e Dio, la giustizia, la pace… è volontà di Dio. Quando si prega non si prega solo per sé: “venga il tuo Regno” insegna a chiedere ciò che Dio vuole, cioè che tutti gli uomini e le donne siano salvati».
Il dialogo
«Qual è il confine tra l’affidamento e un atteggiamento scaramantico?», e ancora «Perché – non sempre – anche se preghiamo per il bene delle persone, questo non accade?», viene chiesto da alcuni adolescenti all’Arcivescovo, nel tempo per le domande preparate in gruppo. «La scaramanzia è una forma un po’ magica, un po’ infantile: nostro Padre, Padre di Gesù, ci dà tutto, non ha bisogno di nostri sacrifici e preghiere – ha risposto l’Arcivescovo -. La preghiera esaudita non è l’ottenere quel favore di cui uno ha bisogno, ma è ottenere di vivere come Gesù il momento del bisogno… in una comunione che Gesù stesso ha vissuto con il Padre».
All’interrogativo «talvolta non sentiamo nel cuore la preghiera come una necessità: in questi casi perché pregare e ricordarsi di farlo?», la risposta dell’Arcivescovo è, nuovamente, l’amicizia: «Gesù è mio amico, lui mi ascolta, mi parla, mi guida, mi fa capire la cosa giusta da fare. La voglia o non voglia, il non sentir niente non è un buon argomento per dimenticarsi di un amico».
Capita però, ammettono i ragazzi, che, «in alcuni momenti, come per esempio alla fine dell’incontro di gruppo, ci mettiamo a pregare, anche se non siamo nella predisposizione per farlo: ha comunque senso pregare quando non ne abbiamo intenzione, solo perché ci dicono di farlo?». «La Chiesa mi aiuta a pregare – è la risposta di monsignor Delpini -. Quando non sono nelle disposizioni più idonee mi aiutano gli altri, l’essere insieme aiuta a vivere i momenti facendo qualcosa di buono. L’amicizia, se vera, aiuta sempre a diventare migliori. Qualche volta non siamo nelle condizioni di pregare, ma ringraziamo chi ci aiuta a pregare anche quando non abbiamo voglia e facciamo in modo di aiutarci l’un l’altro, facendo un po’ di silenzio insieme. Il silenzio condiviso è uno dei modi più intensi di intendersi».
L’allestimento del presepe
C’è tempo, dopo il momento di adorazione eucaristica e di preghiera personale, con l’Arcivescovo in ginocchio davanti all’Eucaristia, di un ultimo gesto, a conclusione, ringraziando per la serata ricca di spunti «per la preghiera e per la vita, da amici di Gesù», per l’animazione musicale della preghiera del coro dei Giocantado, il coro dell’oratorio di Cornaredo che mette insieme, appunto, giovani e adolescenti. È l’allestimento insieme all’Arcivescovo del primo presepe della cappellina rinnovata, ai piedi dell’altare. Così che, da venerdì 16 dicembre, i ragazzi dell’oratorio, ritrovandosi per la preghiera al mattino presto, preparandosi al Natale con la Novena, possano pregare davanti al presepe allestito insieme, in questa bellissima serata di confronto e spiritualità, nella semplicità di un incontro.